Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Note e musica da tutte le latitudini
Di concerti con orchestra ne suona pochissimi. Una delle tante libertà che si prende nella musica come nella vita (le prove di notte, mai in piedi prima del pomeriggio). «Affascinante, vulcanica, complicata», ricordano dal Settembre dell’Accademia, e poi, soprattutto, «potente, intuitiva, la più “elettrica” che ci sia», quando siede al pianoforte. L’edizione 2018 del Festival dell’Accademia accoglie protagonisti come Martha Argerich, argentina, pianista da leggenda, prima volta a Verona insieme peraltro a un collettivo da romanzo, la Youth Orchestra of Bahia, i giovani usciti delle favelas di Salvador grazie a un leggio. Se Argerich è il fascino dell’inedito, spicca il fascino del ritrovare il direttore d’orchestra finlandese Esa-Pekka Salonen. Lui e la Philharmonia Orchestra di Londra, matrimonio d’eccellenza, uscirono la scorsa stagione dal Filarmonico tra applausi ch’erano già un invito a tornare. E d’altronde quel matrimonio nasce dal «corteggiamento più lungo nella storia della musica», nel senso che l’orchestra inglese faceva debuttare Salonen nel 1983 ma è riuscita a nominarlo direttore principale solo 24 anni dopo. Parlare di direttori significa parlare anche di Alan Gilbert, un vero figlio della New York Philharmonic. Madre e padre entrambi violinisti dell’orchestra della Grande Mela, Gilbert ha deciso d’impugnare la bacchetta galvanizzato dall’esempio di Leonard Bernstein: della NY Philharmonic è stato il direttore più giovane e, nominato nel 2009, più volte è salito sul podio con la madre al leggio. Proprio alla testa della NY Philharmonic, Gilbert ha invitato spesso la sua ospite di Verona, Lisa Batiashvili, violinista georgiana, tra le più grandi dei nostri tempi. È la stessa Batiashvili che quattro anni fa «sfidò» di persona il direttore Valery Gergiev, amico di Putin, suonando in un bis il Requiem per l’Ucraina e oggi, contraria alle politiche aggressive verso i paesi confinanti, non si esibisce più in Russia. Se guardiamo alle prime volte al Settembre, ecco anche la violoncellista argentina Sol Gabetta con l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia diretta da Mikko Franck, guida empatica, uno che spesso nei momenti d’estasi orchestrale si gira verso il pubblico cercandone sguardo e complicità: Gabetta è nota per la curiosità quasi enciclopedica e per lo strumento cui dà voce, il prezioso violoncello veneziano di Matteo Goffriller del 1730. Conosciuta per il suo ruggente swing è invece la Glenn Miller Orchestra, fondata da Wil Salden nel ’78, in giro per l’Europa dal 1985, il verbo di Miller (da «Blue Moon» a «What a wonderful world») diffuso con eleganza e rispetto. Orchestra sempre in viaggio è pure la Mahler Chamber, fondata da Abbado nel ’97, collettivo nomade di musicisti che si riuniscono apposta per le tournée. Il Filarmonico, poi, ricorderà la direzione di Carlo Maria Giulini, 1993, con la Filarmonica della Scala: ora tocca al suo allievo Myung-Whun Chung. Ci si riannoda con l’inizio, infine, cioè col pianoforte e con il fuoriclasse polacco Rafal Blechacz: debutto a Verona, per lui, che nel 2005 sbaragliava tutti al Concorso Chopin di Varsavia e oggi incide per la Deutsche Grammophon.
Myung-Whun Chung Il direttore può sembrare un personaggio fantastico, ma è l’orchestra che suona
Esa-Pekka Salonen Quando dirigi la tua musica senti qualcosa di vicino a quello che hai sognato componendola