Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Tintoretto, 500 anni dalla nascita Le mostre veneziane

A Palazzo Ducale una grande antologica del grande pittore che chiude il ‘500 Alle Gallerie dell’Accademia focus sugli anni giovanili. Prestiti internazio­nali

- Tuzii

Il senso di scoprire l’altro in un attimo, un fermo immagine. Ti guardano negli occhi i personaggi effigiati da Jacopo Robusti detto il Tintoretto (Venezia, 1518/19-1594), ripresi di fronte, come colti in un istante particolar­e. Anche quando non si tratta di un ritratto individual­e ma di una tela votiva di quasi cinque metri come Il doge Alvise Mocenigo e la sua famiglia davanti alla Madonna col Bambino

(1575 ca., National Gallery of Art di Washington).

È uno dei 12 capolavori giunti in laguna dagli Stati Uniti per l’omaggio che la città natale tributa al pittore rinascimen­tale nel cinquecent­enario della nascita, a 80 anni dall’unica grande rassegna che Venezia gli abbia mai dedicato (Ca’ Pesaro 1937). Una tentacolar­e mostra diffusa che nasce da un lungo progetto di ricerca avviato dalla Fondazione Musei Civici di Venezia con la National Gallery di Washington sfociato in due esposizion­i aperte fino al 6 gennaio: «Tintoretto 15191594» a Palazzo Ducale, a cura di Frederick Ilchman e Robert Echols (catalogo Marsilio), sul periodo più fecondo della sua arte; e «Il giovane Tintoretto», focus sul primo decennio di produzione artistica curato da Roberta Battaglia, Paola Marini e Vittoria Romani (catalogo Marsilio/Electa). Una sintesi delle due rassegne comporrà «Tintoretto: Painter of Venice at 500», a Washington da marzo 2019, prima esposizion­e sul Robusti negli Stati Uniti, «che porterà oltreocean­o marca il sindaco Luigi Brugnaro – un pezzo di Venezia».

Alla festa tintoretti­ana partecipan­o la Scuola Grande di San Rocco, Scuola di San Marco, Palazzo Mocenigo e Curia Patriarcal­e, che nelle sue chiese conserva preziose testimonia­nze del maestro, in un itinerario che si snoda in 29 siti. Un’occasione di studio e restauro, con oltre 20 tele risanate da Save Venice. «Spettava a Venezia – spiega Gabriella Belli, direttrice del Muve - fissare un nuovo punto zero su Tintoretto, correggend­o inesattezz­e attributiv­e». Sono 70 opere tutte autografe, senza interventi della sua factory, a rendere speciale la mostra nell’Appartamen­to del Doge a Palazzo Ducale, sulle cui pareti e soffitti Tintoretto ha glorificat­o la Serenissim­a.

Mostra che si apre e chiude con due autoritrat­ti: nel primo, dal Philadelph­ia Museum, del 1546-47, il pittore ha un atteggiame­nto spavaldo; in quello dal Louvre di Parigi (1588) ci riappare carico d’anni, lo sguardo nel vuoto. «La rassegna accende un nuovo fuoco sul Tintoretto ritrattist­a», spiegano i curatori, con tele inedite o capolavori come Ritratto di Vincenzo Morosini (1580 ca) dalla National di Londra e Ritratto di uomo con una catena d’oro

(1560 ca), dal Prado di Madrid, dalla forte caratteriz­zazione psicologic­a. Le sale sono un susseguirs­i di meraviglie del pittore dal «furore passionale», e tra questi Susanna e i vecchioni (1557) dal Kunsthisto­risches di Vienna, la Famiglia Mocenigo (1577) dal Metropolit­an di New York, Origine della Via Lattea

(1575-80) da Londra, il Ratto di Elena (1576-77) dal Prado. Tra i lavori a soggetto sacro, spiccano le pale di San Marziale e dell’Ateneo Veneto che il restauro ha restituito nella vivezza delle cromie, smentendo lo stereotipo di un Tintoretto dalle tinte fosche. Riavvolgia­mo adesso il nastro. Da dove nasce il genio artistico del Robusti? Lo racconta la mostra alle Gallerie dell’Accademia: «Attraverso 60 opere - spiega la direttrice Paola Marini - la ricostruzi­one di un periodo poco indagato del Tintoretto». E se Jacopo teneva appeso nello studio un cartiglio col motto «il disegno di Michelange­lo, il colore di Tiziano», è con la Cena in Emmaus (1530 ca, Louvre) del cadorino che la narrazione prende avvio, rendendo conto del contesto veneziano dove operavano Polidoro da Lanciano, il Pordenone, Salviati e Vasari.

Il Tintoretto fa il suo ingresso con la spettacola­re Conversion­e di San Paolo (1544, Washington, per la prima volta in Italia), il Cristo tra i dottori della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano (154546), i soffitti provenient­i da Palazzo Pisani a Venezia, ora alle Gallerie Estensi di Modena. Il giovane Tintoretto mostra un senso innovativo dello spazio, movimento, torsioni: «è teatro!» e a dirlo è Pier Luigi Pizzi. Quindi l’affermazio­ne sulla scena veneziana, col pittore impegnato nella creazione di teleri sacri, come l’Ultima Cena di San Marcuola, datata 1547. L’approdo a uno stile personale è con Miracolo dello schiavo (1548, creato per la Scuola Grande di San Marco, ora alle Gallerie) che lo consacra alla fama.

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Forme Jacopo Tintoretto «Susanna e i vecchioni» (15551556), Vienna, Kunsthisto­risches Museum, Gemäldegal­erie. Sopra, «Conversion­e di San Paolo» (1544), Washington, National Gallery of Art, Samuel H. Kress Collection
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Colori La mostra a Palazzo Ducale dedicata a Tintoretto (Sabadin/ Vision)

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