Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Donaggio: «Dovevamo fare ancora tante cose insieme»
«D ovevamo vederci a Padova la settimana prossima invece andrò al suo funerale. Avevamo ancora tanti progetti assieme, ma muoiono con lui». Dice profondamente colpito il veneziano Pino Donaggio. Tra i primi violini, al concerto inaugurale dei Solisti Veneti al teatro Olimpico di Vicenza del 26 ottobre del 1959, c’era anche il giovanissimo musicista che sarebbe diventato in seguito una star della musica pop e compositore imprescindibile per il cinema internazionale.
Che ricordi ha della sua militanza nei Solisti Veneti?
«Ricordo i viaggi da Venezia a Padova per fare le prove. Sono rimasto dagli esordi fino al mio primo Sanremo con Come sinfonia (1961, ndr). Dopo quel successo la mia presenza disturbava i concerti dei Solisti, tutti mi riconoscevano e in sala iniziava puntuale il brusio, così ho deciso di non suonare più con loro, ma non c’è stata alcuna incrinatura nel rapporto con Claudio Scimone».
Come mai per molti anni non avete più collaborato?
«Le strade che avevamo preso erano diverse. Ci siamo incontrati diverse volte negli anni, ci incrociavamo di solito all’aeroporto, soprattutto a Lisbona, visto che Scimone era anche direttore della Gulbenkian Orchestra».
Come è tornato a frequentare il maestro Scimone?
«Nel 2014 mi telefonò e mi chiese se potevo scrivere un pezzo per il 55esimo anniversario del gruppo. Sembrava davvero che non fossero passati tutti quegli anni. Per i Solisti ho scritto poi diverse composizioni, fino al disco congiunto “Lettere” del
2016, presentato con un concerto al Goldoni di Venezia. Anche quest’anno aveva diretto un mio pezzo per l’apertura della stagione; solo la settimana scorsa mi parlava del futuro e dei progetti».
Che cosa le mancherà? «Claudio era una persona unica: viveva e ha sempre vissuto per la musica. È stato anche un grande studioso e un attento ricercatore, oltre che un direttore straordinario. Al di là dei suoi Solisti, aveva diretto orchestre sinfoniche in tutto il mondo e, grazie al premio del Festivalbar del
1970, aveva avvicinato le nuove generazioni alla musica veneta del ‘700».