Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Com’è difficile la spesa durante la settimana»

Mamma, operaio, badante: preferenza alla comodità

- Di Silvia Dubois

PADOVA «Siamo matti? L’Italia così va contro il mondo, in America si tiene aperto anche di notte». «Macché: io vivo a cinque chilometri dall’Austria, lì si chiude alle 13 del sabato e si riapre al lunedì. Guardami, vivo lo stesso». Guerra ItaliaUsa, con il solito fronte aperto degli austro-ungarici: si scomoda la storia nel dibattito sull’apertura domenicale dei negozi. Un dibattito sottotracc­ia, ma subito pronto ad incendiars­i, fra i consumator­i. Ti guardano sospettosi («Ma chi sei, una grillina, che fai ste domande?»), non danno cognomi, ti mandano a quel paese. E quelli che parlano, si scaldano. Ma il dato empirico, che emerge da un paio d’ore di domande all’ingresso del centro commercial­e Giotto di un lunedì, è chiaro: prevale la linea dei favorevoli, ingrossata dalla schiera dei «tiepidi».

Insomma, il nostro sondaggio empirico conferma che tra i consumator­i i «no shopping» della domenica sono rimasti in pochi. «Credo sia un dibattito fuori tempo massimo, ormai la gente si è abituata a questa cosa - spiega Roberto, 44 anni, in pausa pranzo con due borse di Auchan -. Giusto porsi il problema, ma il governo dovrebbe prima analizzare la realtà, la volontà di commercian­ti e consumator­i. Forse si accorgereb­bero che lo scenario è cambiato». «Andrebbe organizzat­o un referendum gli fa eco una signora seduta poco distante -: solo con un voto si può conoscere la volontà del popolo. Io? Favorevole: è una questione psicologic­a, per me è importante sapere che tal negozio è aperto. Poi magari non ci vado».

Ci vai eccome, a sentire la gente. Anche chi sta dall’altra parte lo conferma: «Stai parlando con una commessa sussurra una mamma fra gli scaffali del supermerca­to -: la domenica si fanno affari, è inutile girarci attorno, commercial­mente le domeniche valgono un sacco e vengono pagate bene. Io, però, da mamma che oggi sta dall’altra parte, ti dico che non lo farei più, voglio stare con mio figlio». Il dibattito prosegue nel reparto cartoleria, affollato di genitori e piccoli che provano cartelle dell’ultimo minuto.

«Impensabil­e una domenica senza negozi aperti per me e e per la mia famiglia - racconta Abdullah, operaio di origini marocchine, che traffica con il figlio fra astucci e penne - Lavoriamo tutti, non c’è nemmeno il tempo per comprare lo stretto necessario a volte».

Stranieri uniti, anche per motivi diversi: «Io mi sento sola la domenica, spero tanto che questa legge non diventi realtà - confida una donna con accento dell’Est, fra gli appendini di Ovs -. Guardi che ci sono tante persone nella mia situazione, provi a venire qui la domenica e se ne accorgerà. Qualcuno è senza lavoro, qualcuno è senza famiglia. Ci si ritrova al centro commercial­e, così la giornata passa».

Accanto alla malinconia, c’è chi tenta di alzare il dibattito («Ad oggi la questione è solo culturale, anzi politica») e chi lo ri-schiaffa nella realtà («Credono di far riaprire i piccoli negozi che hanno fallito negli anni scorsi in questo modo?») e chi ci annoda attorno equilibri familiari ormai rodati che ora potrebbero vacillare: «Se mi dimentico di portare a casa il pane fresco per pranzo, la domenica, a casa mia scoppia il caos - sorride Marco, 53 anni -. Il commercio, nel mio caso, non minaccia assolutame­nte il giorno di riposo delle famiglie, anzi, posso dire che lo aiuta».

Poi c’è la questione «messa»: «Mia mamma dice sempre che la domenica è dedicata al Signore, anni fa raccolse anche firme in parrocchia - interviene un ragazzo di 18 anni ma anche per lei, credo, la questione oggi è chiusa. Non mi è chiaro l’intento del governo, sinceramen­te: la gente comprerà on line o si farà chilometri per cercare qualcosa di aperto». Se la questione prettament­e cattolica si sbiadisce, però, resta viva quella «etica».

«Difficile schierarsi in maniera netta - testimonia­no due suore, vicine alle casse -. L’importante è trovare una soluzione che rispetti tutti, a partire dai lavoratori. Ecco, magari lavorare qualche ora, non tutta la giornata. La domenica va dedicata ai propri cari, agli affetti». «I segnali che arrivano sono contraddit­tori - spiega Valter Rigobon, presidente regionale di Adiconsum, favorevole alle chiusure -: in realtà, è dimostrato che se si pone la domanda all’interno di un centro commercial­e, si avrà una risposta positiva; altrove no. Ricordiamo­ci che il supermerca­to non è un luogo neutro». «Che aprano anche di notte» si spazientis­ce una signora, mentre, fra gli aromi dei panini alla piastra inizia a diffonders­i anche l’idea del referendum: «Chiedano direttamen­te a noi cosa vogliamo - insistono Marta e Nicola, studenti che si aggirano fra i profumi - e per noi intendiamo tutti: commesse, proprietar­i, consumator­i. Solo sentendo la gente si ha una fotografia del Paese». Intanto prosegue lo shopping. Con l’America davanti, gli austriaci dietro.

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