Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uomini, dei e potere All’Istituto Veneto gli idoli dal mondo
La mostra della Fondazione Ligabue all’Istituto Veneto. Oltre 100 oggetti in esposizione risalenti al 4000-2000 a.C. Immagini di divinità, amuleti funebri e oggetti devozionali. Un percorso dalla penisola iberica alla valle dell’Indo
«Idoli. Il potere dell’immagine» è la nuova grande mostra firmata Fondazione Giancarlo Ligabue e apre oggi a Palazzo Loredan, sede dell’Istituto di Scienze Lettere ed Arti, in Campo Santo Stefano a Venezia. Fino al 20 gennaio 2019 il pubblico potrà ammirare un excursus di 100 preziosissimi oggetti, «idoli» ovvero quelle immagini, rappresentazioni divine e umane, che compaiono tra il 4000 e il 2000 a. C. in un vasto percorso geografico che spazia dalla penisola iberica alla valle dell’Indo. Scoprendo che questi mondi, apparentemente lontanissimi, comunicavano invece tra loro attraverso rotte commerciali, scambiandosi materiali e manufatti. Idolo deriva dal greco eidolon, e significa immagine. Si tratta di statuine raffiguranti immagini di divinità, amuleti funebri o piccoli oggetti devozionali che l’uomo antico voleva tenere accanto a sé, fino alle immagini di dame, re, guerrieri e regine.
Un viaggio estetico che ci fa comprendere come l’uomo voglia dapprima approcciare e rappresentare il divino e poi, grazie alle conquiste evolutive - l’urbanizzazione, l’uso della scrittura - l’immagine dell’idolo si stacchi dalla sfera metafisica e diventi sempre più prossimo, più umano.
Cambio di passo per la Fondazione Ligabue che vede schierati in questa mostra, curata da Annie Caubet (conservatrice onoraria del Museo del Louvre), soltanto 15 pezzi della inestimabile collezione di famiglia. Tutti gli altri «idoli» giungono a Venezia da musei nazionali e internazionali (da Zurigo a Oxford, da Madrid a Cipro, Cagliari e Bruxelles) così come da collezioni private. L’idolo più antico esposto in mostra è la figura steatopigia della grande madre. La figura
femminile dominerà lo scenario iconografico fino alla fine del IV millennio a.C. Rappresentata con forme abbondanti e voluttuose, è di forma solitamente sferica o cubica.
La rivoluzione urbana e la nascita delle prime città produssero un cambiamento nel campo estetico dell’immagine sacra che virò in due direzioni: da una parte una sorta di stilizzazione dell’oggetto iconico (linee secche, parti del corpo assenti, androginia o presenza di entrambe le connotazioni sessuali); dall’altra la necessità di un’immagine sempre più realistica: uomini e donne non più incarnazione di principi divini ma testimoni di status sociale.
Tra i grandi pezzi della mostra - che per Inti Ligabue, figlio di Giancarlo (paleontologo e studioso) è «aver mantenuto fede a una promessa affettiva» – spicca la «Dama dell’Oxus» detta anche Venere Ligabue perché acquistata da Giancarlo Ligabue agli inizi degli anni ‘70. Si tratta di una statuetta Battriana del terzo millennio a.C. La mostra è un viaggio tra passato e futuro: allestimento perfetto con postazioni hi tech di approfondimento, schermi interattivi, ologrammi. Quella cura attenta che è marchio di fabbrica della Fondazione Ligabue. Corona l’esposizione il prezioso catalogo edito da Skira a cura di Annie Caubet con le foto di Highes Dubois e saggi critici firmati da grandi nomi dell’arte antica come Stefano De Martino.