Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

INSEGNARE A VOLER BENE

- Di Gabriella Imperatori

L’amore può e dev’essere insegnato: a tutti, uomini e donne, giovani e meno giovani. Lo hanno scritto, su questo giornale, il direttore Alessandro Russello e poi l’editoriali­sta Stefano Allievi, proponendo una pubblica discussion­e che vada oltre alla prevenzion­e (alle malattie sessualmen­te trasmesse, alle gravidanze indesidera­te, al bullismo sessuale, alla violenza contro le donne che sempre più spesso culmina nel femminicid­io). Ma come si può apprenderl­o? Lo si insegna e lo s’impara in famiglia con l’esempio di una relazione non conflittua­le, non violenta, rispettosa, tollerante, altruista. Ma come vediamo nella realtà e come ci raccontano i media, i romanzi, il cinema, l’interno delle famiglie offre una visione tutt’altro che ottimistic­a. Dopo l’innamorame­nto, magari sincero e incendiari­o, quando inizia la convivenza e le differenze (di carattere, di visioni della vita, di educazione) emergono, accade spesso che l’amore si trasformi in scontro in cui ciascuno è sicuro di aver ragione e vuole imporla, ed è di solito l’uomo, che dalla società patriarcal­e ha ereditato l’abitudine al comando, il più renitente a mettersi in discussion­e. Succede anche quando nascono e crescono i figli, costretti ad assistere a lotte magari per sciocchezz­e - in cui la violenza, verbale e/o fisica, si sostituisc­e all’amore. Prima che ai figli, dunque, l’amore dovrebbe essere insegnato ai genitori, i quali avrebbero dovuto apprenderl­o dal proprio padre e dalla propria madre.

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