Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Marmolada, il voto riapre la sfida
La politica veneta approva la mozione per «riconquistarla». I trentini: «La difenderemo»
Il Consiglio regionale del Veneto ha votato ieri «in vetta» la mozione per riconquistare la porzione di Marmolada passata al Trentino. Il governatore Luca Zaia ha confermato anche di aver fatto ricorso al Tar e ha chiamato a raccolta i parlamentari veneti. I Cinque Stelle, però, lo contestano. I trentini, dal canto loro, non mollano la presa e annunciano battaglia per difendere gli attuali confini. E la sfida continua.
ROCCA PIETORE (BELLUNO) La strada che porta a Malga Ciapela, il trampolino per la Marmolada, è costellata di bandiere col leone di San Marco. Sui balconi, sui pennoni. Ma l’unica autonomia che si respira da queste parti, nel Bellunese profondo, è quella matrigna del Trentino, che dopo i turisti e le aziende, ora vuol portarsi via pure la Regina delle Dolomiti.
Questione di confini, ma non molto: sono appena 4 chilometri. Questione storica, identitaria: un po’ di più, perché il ghiaccio, ritirandosi ogni giorno di più, restituisce lembi della Grande Guerra. Questione economica: ecco, soprattutto. Perché il Trentino, e in particolare il Comune di Canazei, intende fare del decreto dell’Agenzia del Territorio che quest’anno ha disconosciuto l’accordo Galan-Dellai del 2002 le fondamenta di una nuova funivia, in partenza dal Passo Fedaia, copia-e-incolla di quella (al momento unica) che sale dal versante veneto. Più turisti d’estate, più sciatori d’inverno, grazie ad un ritocco ai confini che lascia al Veneto, di fatto, solo le stazioni di risalita, dando al Trentino, come da decreto Pertini del 1982, tutto il territorio circostante. «A casa tua sei in Veneto - spiega il sindaco di Rocca Pietore Andrea De Bernardin - ma già lo zerbino è del Trentino. Se lo immagina che significhi gestire una cosa del genere? Il caos. La nostra funivia, il perno dell’economia di Rocca Pietore, porta su 1.000 persone l’ora; quella trentina 1.800; ma la pista, “la Bellunese”, resterebbe sempre quella, una soltanto. E poi c'è l’Unesco, che ci ha già avvertiti: se aumenta lo sfruttamento, la Marmolada esce dal Patrimonio dell’Umanità, sicuro. L’impianto trentino poggerebbe su un nuovo traliccio di 60 metri...».
Per questo, per tenere alta la bandiera del Veneto sulla vetta contesa, ieri il governatore Luca Zaia e il presidente del consiglio regionale Roberto Ciambetti hanno deciso di riunire l’assemblea di Palazzo Ferro Fini fuori sede, a 2.950 metri, ospiti del Museo della Grande Guerra a Punta Serauta, e lì di votare - a maggioranza, 32 voti a favore - la mozione presentata dal bellunese Franco Gidoni che invita la giunta «ad intraprendere qualsiasi iniziativa utile a dare seguito al Protocollo d’intesa del 2002, ovvero verificare se e come un semplice procedimento amministrativo, quale un parere dell’Agenzia del Territorio, possa prevaricare una procedura legale in corso quale quella del Protocollo». La mozione sarà spedita a tutti i parlamentari eletti in Veneto affinché, come ha rimarcato il capogruppo della Lega Nicola Finco, «difendano la terra che hanno l’onore di rappresentare».
L’atto, beninteso, è tutto politico perché la Regione non ha il potere di far nulla, se non scuotere le coscienze. L’ha rimarcato polemicamente il Pd, che per questo ha disertato la seduta minimizzata a «inutile passerella» mentre Piero Ruzzante di Leu, salito a Malga Ciapela ma non fin sulla Marmolada, ha ricordato che chi può fare qualcosa è il ministero dell’Interno, «ma allora la Lega si mettesse d’accordo con Salvini e la Lega trentina». Terza di tre diverse posizioni assunte dall’opposizione, quella del Movimento Cinque Stelle, che ha partecipato alla seduta ma senza partecipare al voto perché «è stata sprecata l’occasione per parlare dei veri problemi della montagna, di cui domani ci si sarà già scordati». E questo nonostante gli assessori al Turismo Federico Caner e all’Agricoltura Giuseppe Pan si siano prodigati per ricordare quanto fatto finora da Palazzo Balbi per le Terre Alte.
«Oggi siamo qui a celebrare la storia di un Paese in malora - ha detto Zaia prima di scalare la cima con la bandiera del Veneto - un Paese fallito dove dopo 45 anni ancora non si è risolta questa vicenda dei confini. Il 19 settembre abbiamo fatto ricorso contro la decisione dell’Agenzia del Territorio ma stiamo ancora aspettando che il Tar si pronunci su un ricorso analogo del gennaio 2017. Siamo qui a difendere i confini del Veneto e a ribadire che la Marmolada, che non interessava a nessuno quand’era solo ghiaccio, è veneta». Gli ha fatto eco Ciambetti: «I confini si concordano, non si rosicchiano con sentenze e oscure firme in oscuri uffici romani». In un dibattito che ha più volte rievocato il precedente di Sappada, Zaia e Ciambetti hanno fatto attenzione a non evocare alcuna «guerra» coi vicini speciali, perché, ha detto Zaia, «il dialogo è ancora possibile». Sai mai che il leghista Maurizio Fugatti non sia eletto a ottobre nuovo presidente della Provincia di Trento. Più duro Finco: «Siamo stanchi dell’arroganza trentina, non ci piacciono i loro toni e pretendiamo rispetto».