Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
In mani estere 1.800 aziende venete «Pmi hi-tech, ma la testa è vecchia»
Le acquisizioni valgono 20 miliardi. E i tedeschi giudicano pro e contro
Le aziende venete in mani estere? Negli ultimi nove anni sono 1.880 quelle finite nel mirino, con investimenti pari a 20 miliardi. E in 472 di queste è passato di mano il controllo, 156 delle quali in mani tedesche. E chi ci ha investito ne apprezza la tecnologia, mentre critica mentalità conservatrice e manager vecchi, che ostacolano l’innovazione. Il quadro di un fenomeno sempre più sotto gli occhi, e che ha accelerato negli anni della crisi, è stato fatto ieri a Vicenza, nel German Business Day della Camera di commercio italogermanica e di Confindustria Vicenza.
Che ha confermato lo storico ruolo preminente della Germania nei rapporti economici con l’estero dell’Italia. Anche negli investimenti diretti. Tema sempre più dibattuto, quello delle aziende acquisite. Tra l’altro con dati anche controcorrente. Perché, secondo i dati Istat-Ice-Bankitalia riesposti da Vania Licio e Angelo Zago dell’Università di Verona, le operazioni di acquisizione all’estero di imprese venete valgono uno stock di 24 miliardi di euro, superiori ai 20 miliardi investiti su lle nostre imprese, pur se i casi di nostre acquisizioni sono 1.169 (465 quelli di quote di controllo), inferiore a quelli promossi dall’estero. «Il Nordest attira meno investimenti dall’estero anche del Centro Italia», ha detto Zago.
Dato tutto da investigare. Ma se così è, è rilevante capire cos’ha trovato nelle aziende venete chi le ha acquisite. Lo ha chiesto la Camera di commercio con un’indagine tra le 156 imprese venete prese dai tedeschi con una quota di maggioranza. Aziende in provincia di Verona - 59 casi - e poi tra Padova, 32, e Vicenza, 28 (21 a Treviso e 13 a Venezia, mentre Rovigo e Belluno si scende a a 2 e 1), con un predominio nei macchinari e impianti meccanici. Per il 58% dei tedeschi il Veneto è stata la prima regione d’investimento e il 73% è presente solo qui.
Insediamenti ex novo e acquisizioni si equivalgono. «Ma il trend di acquisizioni è aumentato negli ultimi anni, soprattutto su aziende concorrenti, favorito dalla presenza di aziende considerate come qualificate, con un buon accesso alla tecnologia e all’innovazione», ha spiegato Alexander Angerer, della Camera di commercio italo-tedesca. Dunque tra i fattori rilevanti per investire in Veneto ci sono i collegamenti logistici e infrastrutturali, e la presenza di aziende specializzate, flessibili e capaci di adattarsi ai cambiamenti. Valutazioni che superano anche altri fattori di contesto non favorevoli, come gli incentivi insufficienti e le tasse troppo alte, per il 76% degli intervistati, ma anche le condizioni di pagamento. Insieme ad altri fattori critici, per la proprietà tedesca. Ad esempio rispetto agli sviluppi sulla digitalizzazione delle produzioni, l’evoluzione verso l’industria 4.0. Qui la preoccupazione riguarda la possibilità di qualificare davvero il personale, i costi delle tecnologie per le Pmi. E in generale una mentalità conservatrice italiana e l’età elevata dei manager, che poco aprono all’innovazione.
Tema rilevante anche in un’altra chiave, come ha mostrato la ricerca di Ilaria Sangalli, della direzione studi di Intesa Sanpaolo. Rispetto cioé al doversi inserire sempre più nelle catene produttive di altri Paesi. «Mentre si discute di delocalizzazione o di politiche economiche a colpi di dazi, cresce il peso dell’interscambio di prodotti dei Paesi avanzati dell’Ue nelle catene di valore dei singoli Paesi». Così, su dati Ocse-Wto, la produzione italiana vale l’1,8% del valore aggiunto dalle catene produttive tedesche, mentre è il 4% nel senso opposto». Nelle catene specifiche, gli italiani valgono il 2,4% del valore aggiunto nell’automotive tedesco (il viceversa vale il 5,4%), il 2,1% della metalmeccanica (contro il 5,1%) e il 3.8% nella moda (contro il 2,3%).
” La critica Manager di età troppo avanzata ostacolano le novità