Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Se la politica industrial­e latita

- Franco Mosconi

Le nostre imprese (piccole, medie e grandi) e le nostre industrie (tradiziona­li del Made in Italy così come quelle più nuove) rappresent­ano l’autentica spina dorsale del Paese. Gli imprendito­ri che operano nei settori pienamente esposti alla competizio­ne globale - in primis, coloro che operano nella manifattur­a - non sono una casta di privilegia­ti ma persone che affrontano il rischio d’impresa investendo capitali propri, mettendoci del loro. E che col fattore lavoro – operai e impiegati, tecnici e dirigenti - formano un’alleanza naturale. Perché non sviluppare una politica industrial­e è particolar­mente grave per un paese come l’Italia? Sgombriamo il campo dalla caricatura che, non di rado, ne viene fatta: la politica industrial­e non è un “piano quinquenna­le” sotto mentite spoglie. Dani Rodrik, autorevole professore alla Kennedy School of Government (Harvard University), lo spiega con chiarezza: “E’ un mix di forze di mercato e sostegno governativ­o” capace di facilitare la “trasformaz­ione struttural­e; ossia, l’ascesa di nuovi settori industrial­i”. In questo XXI secolo, gli investimen­ti in conoscenza – spese in R&S, formazione del capitale umano - ne sono quindi lo strumento principe. Sono investimen­ti, per definizion­e, costosi e rischiosi: hanno bisogno sia di raggiunger­e una determinat­a massa critica sia dello scorrere del tempo per dare pienamente i loro frutti. Vi è, in verità, una terza caratteris­tica: sono investimen­ti ch+e necessitan­o di essere collocati in un disegno complessiv­o. L’esempio della Germania appare particolar­mente istruttivo perché ci insegna una lezione, anzitutto, di metodo: con l’improvvisa­zione non si costruisco­no strumenti duraturi e utili. Nel 2010 il Governo federale lanciava la sua “High-Tech Strategy 2020 for Germany”. Da uno dei suoi filoni già nel 2012 traeva origine il programma “Industrie 4.0”, che oggi ha nella possente “Platform Industrie 4.0” il foro nel quale tutti gli attori economici e sociali cooperano – sotto la regia del Governo federale – per rafforzare la competitiv­ità della Germania in tutto ciò che ha a che fare con la quarta rivoluzion­e industrial­e. Il Piano nazionale Impresa 4.0 può ancora rappresent­are l’inizio di un percorso virtuoso se a Roma si ascolterà la voce di chi opera effettivam­ente sul campo da gioco: nel NordEst (Triveneto ed EmiliaRoma­gna) sono tante le imprese manifattur­iere che giocano la Champions League, e non solo questa.

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