Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Bertoliana, prima donna presidente «Deve diventare luogo di incontro»
I piani di Chiara Visentin: «Mi piacerebbe anche si chiamasse antica biblioteca»
Consigliere «La Bertoliana è una struttura dall’altissimo valore scientifico e culturale, chiederò consigli al professor Mario Giulianati»
VICENZA Architetto, ricercatrice universitaria, ex-candidata in consiglio comunale nella lista #Ruccosindaco ma soprattutto donna. La prima alla guida della biblioteca Bertoliana. Ed è un primato che lei, Chiara Visentin, nominata pochi giorni fa presidente dell’ente di contra’ Riale, rivendica in chiave positiva: «Penso che possa essere un bene per la Bertoliana». Visentin, 51 anni, è nella commissione scientifica «Icomos cultural landscapes» oltre che supplente nel consiglio di disciplina territoriale degli architetti pianificatori, paesaggisti e conservatori della provincia di Vicenza. E pur essendo padovana di origine - ma vicentina da quasi 20 anni - non è la prima volta che approda in Bertoliana: «In quei locali ho preparato la mia tesi di dottorato, è stato come un salotto che mi ritagliavo non appena sono arrivata a Vicenza».
Che effetto fa essere la prima donna alla guida di un ente con la storia della Bertoliana?
«So che il sindaco era molto contento della scelta, anche per questo. Per me è un onore ancora maggiore, mi fa piacere e penso che le donne possano avere anche uno sguardo un po’ diverso sul mondo che potrebbe far bene alla Bertoliana».
Chiederà consigli al suo predecessore, Giuseppe Pupillo?
«Di sicuro chiederò consigli al professor Mario Giulianati (presidente della Bertoliana prima di Pupillo, ndr) perché la Bertoliana è una struttura dall’altissimo valore scientifico e culturale, dunque è importante avere informazioni e consigli giusti da uomini di valore che hanno dato molto all’istituzione».
Quali sono per lei le priorità per la biblioteca cittadina?
«La biblioteca in generale è un luogo che sta cambiando radicalmente, ho una certa conoscenza del settore in ambito europeo e italiano e noto che in Bertoliana c’è molto da fare. Serve una migliore valorizzazione della biblioteca in quanto luogo pubblico, nelle sue funzioni. Deve poter essere un luogo dove ritrovarsi, si deve poter fare comunità».
In questo senso in città è attiva la rete degli «Amici della Bertoliana», che ne pensa?
«È un’esperienza molto interessante, ma credo non sia nulla di nuovo. In molte parti d’Europa e d’Italia è una consuetudine ormai. Dunque, è un bene che ci sia, ma mi sarei preoccupata del contrario. E però avrei anche un desiderio».
Sarebbe?
«Mi piacerebbe cambiare il titolo, facendola diventare “Antica biblioteca Bertoliana”. E quando dico antica intendo un aggettivo di valore, non antica in senso di stantia».
Si può fare?
«Penso e spero di sì, anche se ammetto che devo ancora approfondire la questione. Di certo, punterei a mantenere questa dicitura almeno fino all’inaugurazione della nuova sede a Santa Corona, alla quale terrei moltissimo. Poter partecipare all’ampliamento sarebbe un sogno per me, quindi spero che non avvenga in tempi biblici».
E cosa ci sarebbe di diverso, dal punto di vista delle attività, nella nuova sede?
«Innanzitutto spazi per la comunità, per le associazioni. Ambiti dove la città si può ritrovare non solo per letture ma anche per socializzare. La biblioteca dovrebbe diventare un vero centro di cultura, come una sorta di piazza coperta. Frequentato, ma non con archivi chiusi a chiave e aperti solo ai ricercatori bensì con spazi e funzioni che dialoghino fra loro».
Se lei dovesse paragonare la Bertoliana a un’altra biblioteca di quelle che lei ha visitato in Europa o in Italia, quale sceglierebbe?
«Le biblioteche sono tutte uguali e tutte non confrontabili. In ogni caso, per i sentimenti che ho provato io, penserei alla University library di Edimburgo (Scozia), o alla biblioteca della Fondazione Querini Stampalia di Venezia».