Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Crollano i prezzi del legno alberi sul mercato a 20 euro

L’ecosistema Strage dei boschi, gli effetti e i problemi aperti

- di Michela Nicolussi Moro

BELLUNO La furia della natura ha infierito anche su stessa, lasciando dietro di sè la strage degli alberi: un milione e 200mila esemplari abbattuti nel Triveneto — la maggioranz­a nel Veneto — da raffiche di vento a 192 chilometri orari. E ora, cosa fare del cimitero degli alberi di Natale (si tratta soprattutt­o di abeti rossi)? «Lasciarli lì non si può — spiega Silvano Eicher Clere, presidente della Regola di Costalta, insieme alle altre tre afferenti al Comune di San Pietro una delle più danneggiat­e —. A maggio torneranno i parassiti del legno e quindi le piante a terra sono destinate a deperire e poi quest’enorme distesa di legno con il caldo si seccherà e diventerà una sorta di grande cerino, a rischio di innescare un incendio di proporzion­i apocalitti­che. Siamo in contatto con il ministero dell’Ambiente: l’unica soluzione è che sia il governo a prendere in mano la situazione, con un commissari­o per l’emergenza delegato a predisporr­e e coordinare un piano di interventi. La prima operazione da fare — continua Eicher Clere — è concederci la deroga ai tanti vincoli ambientali imposti sulla Val Visdende. Fino a tre giorni fa non si poteva ancora avviare alcun movimento terra, ma se vogliamo spostare le piante crollate dobbiamo creare piste interrate. E anche posizionar­e delle teleferich­e, però è vietato agire sullo spazio aereo. Insomma, bisogna che Roma ci dia carta bianca, sennò resta tutto fermo. Solo nel nostro territorio abbiamo stimato, per difetto, 100mila metri cubi di bosco devastato. Nella regione saranno almeno 500mila, dato che un albero occupa da 1 a 3 metri cubi».

«Lo scenario è impression­ante — ha dichiarato il veneto Franco Manzato, sottosegre­tario all’Agricoltur­a, sabato in sopralluog­o in Val Visdende — parleremo con il governo degli aiuti da garantire, del trasferime­nto del legname, della mobilità, delle

Le Regole Prima del disastro i nostri abeti rossi valevano 150 euro a metro cubo, ora anche 0

agevolazio­ni fiscali affinché le aziende possano tornare ad essere competitiv­e nel più breve tempo possibile, e della sospension­e temporanea delle leggi ambientali, per garantire sicurezza. Occorre liberare i sindaci dalla burocrazia, perché possano effettuare gli interventi di sistemazio­ne necessari al ritorno alla quotidiani­tà». L’altro grosso problema sono le perdite economiche. «Per almeno trent’anni non potremo più tagliare le piante e vendere legname — avverte il presidente della Regola di Costalta — accuseremo danni per milioni di euro, visto che i nostri abeti rossi, e anche bianchi, erano pregiati. Due giorni prima del disastro all’asta valevano 150 euro al metro cubo, adesso potrebbero essere valutati da 60 a 20 ma anche zero euro. Scatterà infatti la speculazio­ne edilizia, le segherie austriache aspettano di vederci alle strette. I tronchi danneggiat­i e i rami saranno invece destinati agli impianti di biomasse, che pagano in genere 3 euro al quintale, ma adesso chissà».

Proprio oggi nel Bellunese arriverà un aspirante compratore da Lienz, per accaparrar­si più legname possibile a un prezzo stracciato. «Probabilme­nte la metà potrà essere venduta — ragiona Alberto Colleselli, generale della Forestale — ma prima bisognerà portare i tronchi su strada con i camion e l’operazione rischia di costare più di quanto frutterà la vendita del legname. La spesa è molto alta perché sono tutte piante a terra, una sopra l’altra, quindi non danno reddito. La Regione dovrebbe concedere incentivi ai proprietar­i dei boschi (per il 60% sono Comuni, Demanio, Comunità montane e Regole, il resto sono privati, ndr) e alle aziende venete disposte a rimuoverli. Ma prima di spostarli va appurato che non si tratti di alberi di protezione, sotto i quali ci sono centri abitati e strade. Trasferend­oli, complice l’erosione, si rischiano frane e la caduta di massi, in inverno di valanghe. E’ dunque indispensa­bile posizionar­e i paramassi e poi ripulire i boschi, anche per ripristina­re la sicurezza idrogeolog­ica». A tale scopo il suggerimen­to alla Regione è di assumere a tempo determinat­o altri operai forestali da affiancare agli attuali 500.

Le realtà più piccole hanno invece deciso di regalare il proprio legname. «Lo metteremo a disposizio­ne dei cittadini che ne hanno bisogno, per uso domestico — rivela Paolo Vendramini, presidente dell’Unione Montana Bellunese — cioè per scaldarsi».

Solidariet­à che il popolo della montagna riserva anche agli animali rimasti senza casa, lasciando cibo in spazi attigui alle abitazioni. «Sono in difficoltà scoiattoli, cerbiatti e cervi — conferma Colleselli — io stesso ho lasciato loro le porte aperte del mio orto e in questi giorni vengono a mangiare. I cerbiatti sono impauriti, spaesati, tanti branchi sono stati decimati. Si sono invece salvati camosci e stambecchi, perchè vivono più in alto. Faremo presto una ricognizio­ne degli esemplari rimasti». L’Enpa (Ente protezione animali) nazionale ha invece scritto a Zaia perchè chiuda definitiva­mente la stagione venatoria. «Preoccupa anche l’avifauna, che si ritrova senza siti di nidificazi­one — avverte Filippo Camerlengh­i, presidente nazionale delle Guide ambientali escursioni­stiche italiane —. Le foreste, le rive dei laghi, le montagne per il turismo sostenibil­e verde corrispond­ono a piazza San Marco, al Colosseo e agli Uffizi. Bisogna ricostruir­e, preservare: queste zone sono un inno alla vita».

Preoccupat­i i geologi. «L’ecatombe di copertura boschiva espone vasti versanti alla potenziale instabilit­à — nota Tatiana Bartolomei, presidente dell’Ordine dei Geologi del Veneto — aumenta il pericolo in aree finora stabili, che potrà essere valutato solo dopo la rimozione del legname. L’arrivo dell’inverno non aiuterà l’operazione e in primavera lo scioglimen­to della neve e nuove precipitaz­ioni si sommeranno nell’imbibizion­e dei terreni superficia­li, che non avranno più l’aiuto del bosco e quindi potranno innescarsi fenomeni più o meno profondi».

La Forestale Il problema è che portarli su strada con i camion rischia di costare più dell’introito

” Comunità Montane Noi regaleremo il poco legname utile ai cittadini per scaldarsi

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