Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
PREVENIRE, LA CULTURA FRAGILE
Immaginiamo un legislatore che il 10 settembre 2001 avesse imposto improvvisamente lunghi controlli agli aeroporti e porte antiproiettile alle cabine di pilotaggio, con conseguenti oneri per passeggeri e compagnie aeree. Chi gli avrebbe riconosciuto un qualche merito se gli attentati alla Torri Gemelle, a seguito di queste misure, non si fossero mai verificati? Nessuno. Anzi, è altamente probabile che il legislatore sarebbe stato duramente criticato per aver causato costi e perdite di tempo inutili. L’esempio fatto da Nassim Taleb nel suo libro Il Cigno Nero ci aiuta a capire gli eventi drammatici di questi giorni e la fragilità di una cultura della prevenzione. Immaginiamo infatti amministratori locali e nazionali, che negli ultimi anni, avessero fatto una priorità assoluta della pulizia e della manutenzione dei corsi d’acqua, della messa in sicurezza del territorio, della lotta all’abusivismo edilizio. Se questi investimenti avessero evitato o quantomeno attenuato i disastri di questi giorni, nessuno o quasi nessuno se ne sarebbe accorto. Quasi tutti, invece, avrebbero notato (e molti probabilmente criticato) i disagi, le spese improduttive, il ruolo invasivo delle amministrazioni. Si ricordino ad esempio le discussioni e le resistenze alle opere di contenimento proposte in Veneto dopo l’alluvione del 2010. La buona prevenzione, purtroppo, è perlopiù invisibile.
Se funziona, non vedremo mai i disastri che sarebbero potuti accadere senza. Quando poi i disastri, come purtroppo è il caso di questi giorni, accadono, è ormai troppo tardi. Con il senno di poi, infatti, siamo tutti capaci di dire che si sarebbe potuto meglio prevenire e se non impedire, quantomeno attenuare le conseguenze e la portata di eventi atmosferici non più eccezionali e con i quali saremo probabilmente costretti a convivere sempre più spesso nei prossimi anni. La cultura della prevenzione ha oggi un costo politico di cui è non è facile farsi carico. Quali amministratori nazionali hanno il coraggio, ad esempio, di rendersi impopolari assegnando la priorità nelle ricostruzioni a quelle aree – e tra queste ci sono senz’altro il Trentino, l’Alto Adige e il Veneto - che hanno dimostrato di saper investire nella prevenzione e nella manutenzione del territorio? Quali amministratori hanno il coraggio di dire che, ferma restando la solidarietà e i soccorsi indispensabili, chi costruisce abusivamente non può ricevere fondi e sostegno per la ricostruzione? Come nel caso degli investimenti finanziari a rischio, è molto più conveniente privatizzare i profitti finché le cose vanno bene, e poi socializzare le perdite quando arriva il tracollo. Finché non arriva, implacabile, il prossimo cigno nero (che poi così nero, nel senso di raro, ormai non è) a ricordarci quanto siamo stati miopi, e gli enormi costi sociali ed economici della scarsa prevenzione.