Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Storia di Azzurra nata sotto un cielo nero

- Di Davide Piol

BELLUNO Lei si chiama Azzurra. In braccio alla madre pesa 3,64 chili di felicità e 51 centimetri di lunghezza e speranza. La sua nascita è l’esempio più lampante di come la vita possa e debba andare avanti anche quando le condizioni esteriori sembrano spingere in direzione opposta. Azzurra è nata martedì scorso, all’ospedale di Belluno, mentre fuori infuriava la tempesta e il Piave raggiungev­a i cinque metri di altezza uscendo dai margini. I genitori Federica Zasso e Mirco Da Ronch, di 34 e 38 anni residenti a Toccol (piccola frazione di Agordo), ammettono che il nome era stato scelto mesi prima, perché «ricorda il cielo che ci piace».

La mamma Ho vissuto il travaglio con la luce ch saltava e la tempesta fuori

Nulla a che vedere con quell’orizzonte nero e minaccioso sotto cui invece è nata Azzurra, all’1.13, con la luce della sala parto che sfarfallav­a a intermitte­nza a causa del blackout che aveva colpito gran parte della provincia. L’avventura dei due, anzi, tre agordini inizia lunedì scorso, quando viene riaperta la strada che collega Agordo a Belluno e «riusciamo a passare». «Mi ricoverano subito ma non sanno dirmi l’ora esatta del parto — racconta Federica — così mio marito decide di tornare al lavoro e ci lasciamo con la promessa di rivederci in serata». Poche ore dopo la pioggia cade copiosa, il terreno comincia a sbriciolar­si e le strade vengono chiuse di nuovo. Mirco, che fa l’artigiano ad Agordo, rimane bloccato a casa senza luce, acqua e copertura telefonica. È isolato dal mondo e soprattutt­o dalla donna che ama e che sta per renderlo padre. «Sono entrata in travaglio da sola — ricorda la moglie — Azzurra è nata quella notte. Fuori sentivo il finimondo e la corrente saltava di continuo. Avevo la percezione che stesse accadendo qualcosa di brutto ma le ostetriche e le infermiere mi hanno fatto sentire a casa, standomi vicine in modo profession­ale e amorevole».

Come se non bastasse, Azzurra ha il cordone ombelicale attorno al collo. Ma è un attimo e viene liberata. Mirco viene avvisato un’ora dopo. Il suo cellulare è fuori uso ma non quello di suo fratello. «Ho pianto da solo nel letto — ricorda con dolcezza — poi siamo andati ad avvisare i nonni. Per scendere a Belluno abbiamo dovuto aspettare le 18.30 del giorno dopo. Un’attesa infinita». Dopo quasi 32 ore trascorse senza mangiare e dormire, finalmente la vede e tutto il resto, frane, alberi abbattuti dal vento, case e auto sepolte dalle macerie, passa in secondo piano. Venerdì sono ritornati a casa. Tutti e tre. «Rientrare è stato pazzesco — ammette Federica — mi avevano mostrato alcune foto, ma se non la vedi di persona non ti rendi conto della devastazio­ne che c’è stata. La bimba è bravissima, mangia e dorme. È stata un’avventura impegnativ­a ma siamo a casa sani e salvi». La situazione è tornata alla normalità. Più o meno. In Agordino l’acqua non è ancora potabile e dev’essere bollita per almeno cinque minuti. La corrente elettrica arriva, ma ogni tanto scompare.

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La famigliola Federica Zasso, e Mirco Da Ronch, 34 e 38 anni e residenti a Taccol, piccola frazione di Agordo, con la piccola Azzurra

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