Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Decreto sicurezza, le cooperativ­e si sfilano «Non siamo alberghi»

Con il taglio dei fondi, alt a corsi d’italiano e formazione L’Anci: «Ci ritroverem­o gente in giro a bighellona­re»

- Michela Nicolussi Moro

VENEZIA Non convince nè le cooperativ­e sociali nè l’Anci, il decreto sicurezza firmato Matteo Salvini, ministro dell’Interno, approvato dal Senato e in attesa del via libera alla Camera. Cinque i passaggi sostanzial­i: la riduzione dei fondi per l’accoglienz­a da 35 euro a 19/26 a migrante al giorno; l’abrogazion­e del permesso di soggiorno per motivi umanitari e l’introduzio­ne di permessi speciali temporanei da concedere a vittime di violenza in patria, o per calamità naturali o per motivi di salute; la revoca dell’asilo a chi commette una serie di reati tra cui violenza sessuale, spaccio di droga, furto, rapina ed estorsione; la sostituzio­ne dei Cie con i Centri di rimpatrio (Cpr), nei quali gli stranieri senza documenti staranno un massimo di 180 giorni e non più di 90; la mancata concession­e o la revoca della cittadinan­za ai soggetti condannati per reati legati al terrorismo.

«Le cooperativ­e sono già in grave difficoltà, avanzano dalle prefetture circa un milione di euro per l’accoglienz­a dei migranti, ma gli stipendi agli operatori devono pagarli lo stesso — rivela Loris Cervato, responsabi­le del Sociale per Legacoop Veneto —. Se poi vengono ridotti i finanziame­nti, salteranno tutti i servizi legati all’integrazio­ne, cioè i corsi di italiano, i mediatori culturali, gli educatori, l’inseriment­o lavorativo, la formazione. A quel punto resta solo la parte alberghier­a e quindi noi ci tiriamo indietro, non parteciper­emo ai nuovi bandi. Non siamo nè albergator­i nè parcheggia­tori di fantasmi che ci si limiterà a distribuir­e sul territorio per poi lasciare in balìa di se stessi». «Dobbiamo studiare bene il nuovo capitolato d’appalto predispost­o dal Viminale e calarlo sui contratti del 2019 — spiega Vittorio Zappalorto, prefetto di Venezia —. I contratti in essere restano come sono e scadranno a fine anno. Credo che la ratio del decreto sicurezza sia di contrarre le risorse destinate a chi non ha diritto di rimanere in Italia per concentrar­le sui migranti in possesso dei requisiti necessari a ottenere l’asilo e garantire loro migliori standard».

Ma l’Anci è prudente: «La nostra preoccupaz­ione è che se i soldi finiscono dovranno essere i Comuni a trovarli e non ne hanno — dice la presidente regionale Maria Rosa Pavanello —. La pazienza dei sindaci è finita, già ci siamo ritrovati a dover gestire un’emergenza non di nostra competenza, non vorremmo che questo impegno si aggravasse maggiormen­te. La decurtazio­ne dei finanziame­nti mette a rischio il progetto Sprar, l’unico in grado di garantire l’inseriment­o lavorativo dei migranti, che se perderanno l’impiego transitera­n- no nei Servizi sociali, sempre a carico dei Comuni. E poi se ci si limiterà a garantire loro vitto e alloggio, ci ritroverem­o gente in giro a bighellona­re senza fare niente tutto il giorno — chiude Pavanello —. E non piace a nessuno, è un pericolo». «Conteremo un numero sproposita­to di clandestin­i dal giorno alla notte — concorda Alessandro Bisato, segretario regionale del Pd e sindaco di Noventa Padovana, che ha accolto molti profughi usciti dall’hub di Bagnoli, dopo la chiusura — prima c’era un progetto di integrazio­ne per i profughi, che ora si limiterann­o a svernare in Italia. E il paradosso è che il governo taglia i contributi per l’integrazio­ne ma spende il doppio per tenere gli irregolari sei mesi nei Centri di rimpatrio».

«Novanta giorni non sono sufficient­i ad espletare le pratiche amministra­tive per riconoscim­ento e rimpatrio — replica Andrea Ostellari, senatore padovano della Lega — e al termine devi farli uscire dai Cie e allora sì diventano clandestin­i. I 180 giorni rappresent­ano invece il tempo giusto, quindi valuteremo se attivare nuovi Crp. E nel frattempo abbiamo stanziato 12 milioni per i rimpatri assistiti verso i Paesi con i quali non abbiamo sottoscrit­to convenzion­i, come la Costa d’Avorio. Salvini sta andando negli Stati di origine dei migranti per stipularne altre o migliorare quelle esistenti, come con la Turchia, che consentira­nno rimpatri più veloci. Piuttosto che investire in accoglienz­a — aggiunge Ostellari — preferiamo aiutarli a casa loro, ci costa meno dei 5 miliardi di euro all’anno spesi adesso. In Ghana vivi con 6 euro al giorno, in Italia nemmeno con 35». Saranno potenziate le commission­i prefettizi­e per il riconoscim­ento dello status di rifugiato, in Veneto concesso al 45% dei richiedent­i, e quanto agli Sprar «sopravvive­ranno solo quelli che funzionano bene e accogliera­nno migranti tutelati dalla protezione internazio­nale e minori non accompagna­ti».

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Presenti Oggi nel Veneto ci sono 9869 profughi nei centri di accoglienz­a, oltre ai 596 accolti nei progetti Sprar dei Comuni

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