Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Bankitalia: ancora sei mesi buoni per il Veneto delle imprese

Rallenta la corsa di produzione ed export. E il credito resta ancora al palo

- Federico Nicoletti

VENEZIA L’economia del Veneto rallenta. Ma le imprese vedono ancora sei mesi buoni davanti. La crescita continua a tutto l’autunno. Anche se i ritmi del 2018 non sono quelli di un anno fa, soprattutt­o per i mercati esteri in difficoltà: Turchia, Russia, America Latina e Asia - Cina e India escluse -, visto che invece verso i Paesi Ue, specie Francia, Germania e Spagna, il ritmo di crescita è di poco inferiore a un anno fa, con valori per 19,4 miliardi nel primo semestre. E intanto il credito alle imprese continua a ristagnare.

Un Veneto sospeso tra lo sfruttare l’ultimo refolo buono del vento della ripresa degli ultimi anni, da cui si attende di esser spinto fino a marzo, e il capire cosa succederà dopo. A vederlo così è la Banca d’Italia, nella ricerca sull’economia regionale con i dati aggiornati a ottobre. Nella ricerca elaborata dal team di Venezia i toni non sono tranchant come nella ricerca d’inizio settimana che dava il quadro d’insieme delle economie regionali per macroaree: stimava nei primi due trimestri 2018 una crescita del Pil arrestatos­i a Nordest, dopo

5 anni a ritmi più sostenuti che nel resto d’Italia. «In Veneto parliamo sempre di crescita, pur se a livelli inferiori rispetto al 2017», ha spiegato il direttore della sede regionale di Bankitalia, Paolo Ciucci.

I segnali di un treno che sta rallentand­o la corsa si colgono su vari fronti. Dalla produzione industrial­e, nel primo semestre cresciuta in Veneto del 3,6% rispetto al 4,1% di un anno fa, agli ordini esteri, fondamenta­li per il Veneto, +4,8% nel primo semestre rispetto al

+5,9% di un anno fa. L’export vale in sei mesi 31,6 miliardi di euro, +3,3%; un anno fa la crescita era del 5,1%. Anche la prospettiv­a sull’estero a 6 mesi resta positiva; ma il saldo delle imprese che vedono «rosa» scende al 33% rispetto al 40% di un anno fa. «Non pesano tanto i timori di protezioni­smo, quanto un quadro d’incertezza sul commercio mondiale», sostiene il coordinato­re della ricerca, Paolo Chiades.

In questo clima, la voce ancora una volta al palo resta il credito alle imprese. Mentre mutui-casa e credito al consumo spingono i prestiti alle famiglie, +2,9% nel primo semestre, con uno stock di prestiti per 45,9 miliardi, altrettant­o non è per le imprese. Lo stock in sei mesi, tra dicembre 2017 e giugno 2018, diminuisce di altri 2 miliardi, scendendo a

79,9. Conto che pagano soprattutt­o le piccole imprese,

-1,6% ad agosto, a fronte di un aumento dello 0,5% per le grandi. E che continuano a pagare tassi quasi doppi rispetto alle medio-grandi sul breve termine: 6,21% in media a giugno contro il 3,36%. «Le banche restano prudenti sui clienti più rischiosi per rating, spread e garanzie», aggiunge Chiades.

D’altra parte, oltre a una questione di offerta, il credito al palo ha una spiegazion­e complement­are sulla domanda. «Il 77% delle imprese prevede di chiudere il 2018 in utile: è tra i livelli più alti degli ultimi dieci anni. Ciò ha favorito la liquidità delle imprese», aggiunge Chiades. Come a dire che quelle uscite dalla crisi sono le più solide, capitalizz­ate e liquide. Aziende capaci spesso di autofinanz­iarsi nel capitale circolante. Non a caso i depositi delle imprese a giugno superano i 37 miliardi, +20%. Abbastanza, magari, per fare spesso da sole.

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Team Il direttore Ciucci, al centro, con il vice Massimo Gallo (a destra) e Paolo Chiades

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