Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Vinko, il Lupin croato Da Las Vegas a Basilea solo colpi milionari
Al giudice disse: dopo la guerra devo aiutare la famiglia
VENEZIA «Il mio villaggio è stato attaccato nel 1992 e fu completamente distrutto. La mia unica speranza era quella di lasciare il Paese e fare qualsiasi cosa per aiutare la mia famiglia a sopravvivere».
Passi di una toccante lettera letta alcuni anni fa nell’aula di tribunale da un giudice delle Hawaii chiamato a decidere le sorti di uno straniero appena finito in manette con l’accusa di aver fatto sparire, dieci anni prima all’interno di una gioielleria, alcuni costosissimi orologi. Un criminale professionista, questo era ovvio già all’epoca, anche se quell’uomo non si era ancora guadagnato l’appellativo di «re de ladri».
La sua storia, almeno per come la raccontava nella lettera, è quella di un reduce della guerra nell’ex Jugoslavia rimasto ferito in battaglia nel 1995. Fuggì a Zagabria e poi in Germania, dove però non riuscì a trovare uno straccio di lavoro onesto. A detta anche del suo avvocato, fu solo per questo che cominciò a rubare: per aiutare economicamente i suoi familiari, che nel frattempo si erano rifugiati in Croazia.
Di certo c’è che, entrando a far parte dei Pink Panther - il celebre gruppo internazionale di criminali che ha firmato decine di colpi milionari - in pochi anni quel ladruncolo «pizzicato» alle Hawaii divenne lo spauracchio delle polizie di mezzo mondo.
Chiamatelo Vinko Tomic. Oppure Vincent Osmakcic, o se preferite Jure Markelic: il nome cambia di continuo ma la faccia è sempre la stessa, quella di un Arsenio Lupin dall’apparenza innocua, che oggi ha 65 anni e i capelli grigi. È lui il (presunto) capo della banda che ha compiuto il colpo del secolo al Ducale. Ma nel suo curriculum c’è davvero di tutto. Nel 2002 fu tra i protagonisti del colpo da un milione di dollari in una gioielleria di Las Vegas, senza contare i furti di preziosi commessi in California, Hawaii e Hong Kong. Tutti compiuti in pochi secondi, senza sparare un colpo, senza violenza, senza lasciarsi dietro neppure un ostaggio.
«Era ricercato da tempo dalle autorità svizzere, che non l’avevano mai trovato. È importante che sia stata la polizia italiana a ottenere questo risultato» ha detto ieri il procuratore di Venezia, Bruno Cherchi. E in effetti, Tomic sarebbe collegato anche alla razzia di diamanti per otto milioni di franchi svizzeri avvenuta durante una mostra a Basilea, nel marzo del 2011.
Dei Pink Panther si sa poco, se non che il gruppo è composto soprattutto da criminali dell’ex Jugoslavia, molti con alle spalle esperienze nell’esercito. Un profilo che si adatta bene anche a un altro degli arrestati: Grgi Zvonko, croato di 43 anni. Su Facebook si fotografa armato di mitra e si definisce un contractor, in pratica un esperto di tecniche militari che può essere «affittato» come guardia armata. Zvonko ha operato in tutto il mondo, anche in zone ad alto rischio come la Somalia e il Medio Oriente. Insomma, è addestrato ad affrontare situazioni di pericolo superando gli ostacoli e individuando le vie di fuga.
Anche Zelimir Grbavec è croato. I poliziotti l’hanno individuato a Zagabria, dove lavora per una ditta che si occupa di realizzare impianti di elettronica e di comunicazione. All’interno della banda, potrebbe essere l’esperto che ha studiato i sistemi che regolavano l’apertura e la chiusura delle teche di Palazzo Ducale.
Tomic, Zvonko e Grbavec sono stati arrestati mercoledì. Lo stesso giorno, in Istria, gli investigatori hanno fermato anche Vladimir Djurkin, 48 anni, mentre Dragan Mladenovic è finito nella rete tesa dagli inquirenti italiani a Tovarnik, al confine tra Serbia e Croazia. Alcuni di loro, si sono già dichiarati innocenti. Ora si trovano in carcere, in attesa di essere consegnati alle autorità italiane.
Ma dei gioielli del Maharaja, ancora nessuna traccia.