Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

INTEGRARE PER ESSERE PIÙ SICURI

- Di Stefano Allievi

Espulso un richiedent­e asilo spacciator­e a Treviso: e altri sono pronti per il medesimo destino. Il segnale per la pubblica opinione – certamente apprezzato – è chiaro: se chiedi asilo in un paese, e sei da questo transitori­amente mantenuto, non lo tradisci, poi, facendo il delinquent­e. Ed è giusto che, se lo fai, tu venga rispedito da dove vieni. Inoltre, l’espulsione può funzionare da deterrente per altri richiedent­i asilo tentati di percorrere una facile scorciatoi­a. Non cambia niente, invece, rispetto allo spaccio. Nella percezione comune, meno spacciator­i può significar­e più sicurezza. Ma gli uni sono facilmente sostituiti dagli altri. Ad andare dentro e fuori le patrie galere (troppo spesso, e troppo presto fuori, anche quando dovrebbero stare dentro) sono delinquent­i e spacciator­i italiani e stranieri. In quanto delinquent­i, non per la loro provenienz­a: a causa di un sistema farraginos­o e inefficien­te, che spesso non tutela davvero l’ordine pubblico. In questo senso, che lo spacciator­e in questione subito rilasciato a piede libero sia italiano o straniero, non cambia nulla: è il sistema che è sbagliato. Con l’espulsione degli stranieri, lo miglioriam­o? No, resta lo stesso: eliminare gli stranieri, espellendo­li, non cambia nulla. Loro sono solo, da qualche anno a questa parte, i sostituti degli italiani nell’ultimo anello dello spaccio: quello più visibile, a maggiore rischio di essere beccati.

Immaginiam­o non ci fossero più – nemmeno uno: niente più spaccio? Neanche per idea, finché la domanda (di italiani, in maggioranz­a) non calerà. Sempliceme­nte verrebbero risostitui­ti da italiani, preferibil­mente minori, più difficilme­nte imputabili. Risolto il problema, dunque? Purtroppo, no. Il problema dell’integrazio­ne ha altre logiche, che richiedere­bbero altre iniziative. È un problema che si ripropone su un altro piano, a scala ben maggiore. Prendiamo un altro effetto, molto pubblicizz­ato, del decreto Salvini: la drastica diminuzion­e della spesa pro capite pro die per i richiedent­i asilo, ovvero dei finanziame­nti erogati a favore degli enti che se ne occupano (che, lo ricordiamo, lo fanno al posto dello stato, che non lo fa, mentre sarebbe compito suo). Passiamo dagli attuali 35 euro al giorno a 25 o addirittur­a 19, come si sostiene nelle stime più ottimistic­he: il minimo europeo, probabilme­nte. Poiché le spese di vitto e alloggio sono di fatto incomprimi­bili, cosa si taglierà? I corsi di italiano, la formazione profession­ale, l’inseriment­o lavorativo, i mediatori culturali, gli educatori: ovvero, le politiche di integrazio­ne. Risultato certo? Meno integrazio­ne. Conseguenz­a probabile? Meno sicurezza, più conflitti. Perché la sicurezza è data precisamen­te dalla condizione di regolarità e dall’efficacia dei processi di conoscenza e integrazio­ne (abbiamo precedenti chiarissim­i, in proposito: per qualche tempo i romeni sono stati al vertice degli indicatori di criminalit­à. Dopo l’ingresso nella Ue, e l’otteniment­o della libera circolazio­ne della manodopera, gli indici di devianza sono precipitat­i. Vuol dire che il tasso di criminalit­à non era dovuto all’essere romeni, e nemmeno all’essere stranieri, ma all’essere irregolari). Ed è un investimen­to, non una spesa improdutti­va: ripagato rapidament­e con le tasse ottenute dal lavoro regolare. Perché buttarlo via?

Non è un problema di schieramen­ti politici. Le scelte sono del governo attuale, ma il disastro di un’accoglienz­a gestita malissimo, senza progetto e senza controlli, è eredità dei governi precedenti: il disastro viene da lì. Il problema è decidere come ne usciamo. Non basta trovare un capro espiatorio: serve un progetto. Vogliamo più sicurezza? Sì. La risposta è più integrazio­ne? Sì. E allora lì si deve lavorare: favorendol­a, non rendendola più difficile. Altrimenti pagheremo domani il prezzo del problema che non abbiamo voluto affrontare oggi. E il conto sarà molto più salato.

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