Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Miteni, gli operai: «Siamo appestati»
Pfas, è allarme: «Senza lavoro e pure ammalati». Ma l’azienda di Trissino nega
TRISSINO Le rappresentanze sindacali interne lanciano l’allarme: «Noi dipendenti di Miteni siamo stati appestati: anche dalle recenti analisi del sangue sono emerse concentrazioni più o meno alte di Pfas e Pfoa, ma pure di Genx e C6O4, anche nel sangue dei colleghi più giovani. Dati allarmanti. Siamo senza lavoro e pure appestati». Ma l’azienda, considerata la principale responsabile dell’inquinamento da Pfas e dichiarata fallita venerdì, nega.
TRISSINO «Noi dipendenti di Miteni siamo stati appestati: anche dalle recenti analisi del sangue sono emerse concentrazioni più o meno alte di Pfas e Pfoa, ma pure di Genx e
C6O4, anche nel sangue dei colleghi più giovani, quelli che lavoravano da circa un anno, pure di chi non era occupato nei reparti che trattavano queste ultime sostanze lavorate solo negli ultimi tre, quattro anni, con la recente gestione. Il che può solo significare solo che c’è stata una dispersione – ne è convinta la Rsu -. Colleghi che da un anno all’altro hanno registrato un aumento. Dati allarmanti soprattutto se si considera che Genx e C6O4 sono sostanze a bassissima persistenza nel sangue a differenza dei Pfas». Insomma «ci hanno sempre super inquinati – sbottano i lavoratori, che chiedono tutela, senza avere più un referente aziendale - Ora che la ditta è fallita chi risponderà del nostro stato di salute? Chi di malattie professionali?». Mentre il tribunale, che venerdì ha dichiarato il fallimento della Miteni Spa, è al lavoro per dare soluzione a tutte le problematiche legate all’azienda di Trissino ritenuta responsabile di un vasto inquinamento, mentre i vari enti territoriali stanno valutando la fattibilità del cronoprogramma proposto dalla stessa ditta per lo svuotamento degli impianti, i
121 dipendenti non nascondono la loro preoccupazione per il futuro. Non solo occupazionale – per quanto già la Regione Veneto abbia già garantito un’interfaccia con il Ministero del Lavoro per l’attivazione degli ammortizzatori sociali – ma anche per quel che riguarda la salute. Soprattutto per la loro salute. Ora che non c’è più un’azienda, un datore di lavoro, ma un curatore fallimentare, Domenico De Rosa, già commissario giudiziario, nominato dal tribunale – a cui chiederanno presto un incontro - , pensano a tutele legali sanitarie. «A un comitato spontaneo con l’obiettivo appunto di tutelarsi, ma anche a una causa collettiva, per la quale servono comunque risorse» sono le ipotesi messe sul piatto dalle rappresentanze sindacali che parlano di dipendenti con una media di età di circa 50 anni, e meno della metà occupati nella produzione. Tra le iniziative da attuare, fanno sapere, anche all’istituzione di una «categoria protetta lavoratori contaminati Pfas» (al Servizio sanitario nazionale o regionale, eventualmente per il tramite del ministero della Salute), con un protocollo predefinito di assistenza sanitaria completa per esami, diagnosi, cura patologie, assistenza certa ed assicurata anche per gli anni a venire». Ma non è tutto. Con il presupposto che «lo studio epidemiologico dei dottori Merler e Girardi, commissionato dalla Regione Veneto, registra un eccesso di mortalità dei lavoratori Rimar-Miteni, con una diminuzione dell’aspettativa di vita di circa 4-6 anni» chiedono di «verificare la possibilità di un anticipo pensionistico attraverso apposite intese per il personale più anziano, più a lungo contaminato da Pfas e anagraficamente più problematico da ricollocare». Quanto poi all’eventuale svuotamento degli impianti, la Rsu vuole che sia fatta chiarezza, tanto che chiede l’intervento dei carabinieri del Noe di Treviso e dello Spisal di Venezia. «Stiamo garantendo con grande senso di responsabilità la sicurezza delle strutture – dicono i dipendenti – ma vogliamo garanzie sul pagamento dei salari, a partire dallo stipendio di ottobre».