Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Ucciso dal batterio killer» due indagati al San Bortolo per la morte del medico
Sono gli ex direttori sanitari. Domani autopsia sul dottor Demo
VICENZA Un macchinario che sarebbe stato infettato e non sostituito dall’azienda sanitaria Usl 8 nonostante l’allarme della casa produttrice e un ex primario dello stesso ospedale San Bortolo deceduto forse a causa del batterio Mycobacterium chimaera, riscontrato in seguito a un intervento al cuore a cui era stato sottoposto, nella sala operatoria di cardiochirurgia che utilizza appunto quell’attrezzatura. Sono due i nomi – Ennio Cardone e Simona Aurelia Bellometti, già direttori sanitari del San Bortolo – iscritti sul registro degli indagati dal pm Augusto Corno per fare chiarezza sulla morte del dottor Paolo Demo, 66 anni di Vicenza, per trent’anni al lavoro all’ospedale anche come primario facente funzioni della Terapia intensiva.
Le risposte sulla sua morte sono affidate all’autopsia che verrà eseguita domani dal medico legale Antonello Cirnelli. Probabilmente gli indagati si affideranno ad un proprio consulente per partecipare all’esame irripetibile, così come farà la famiglia di Demo che, assistita dall’avvocato Pier Carlo Scarlassara, ha nominato il dottor Alfonsino Visonà. Erano stati proprio i familiari di Demo a depositare, per il tramite del legale, un articolato esposto in procura grazie anche al memoriale con corposa documentazione che lo stesso Demo aveva preparato prima di morire. Con il pensiero ai pazienti, quelli per i quali si era occupato per una vita. «Lo ha fatto perché fossero identificati i responsabili, preoccupato che altri potessero trovarsi nella sua situazione, per evitare che potesse riaccadere» fa sapere Scarlassara. L’operazione a cui era stato sottoposto Demo, a gennaio 2016, per la sostituzione della valvola aortica, utilizzando il macchinario in questione, un dispositivo di «riscaldamento/ raffreddamento» per la circolazione extracorporea del sangue, era riuscito. In seguito era però emersa l’infezione. E le sue condizioni sono peggiorate dopo aver subito un secondo intervento, fino alla morte, avvenuta il 2 novembre. In questi due anni Demo aveva svolto approfondimenti, scandagliando delibere dell’azienda sanitaria e della Regione con tanto di protocollo per pazienti con il batterio, ma anche le circolari inviate da giugno 2015 a tutti gli ospedali dalla ditta costruttrice del macchinario, la LivaNova del gruppo Sorin, che faceva riferimento al rischio di «chimaera» sollecitando un’adeguata sanificazione. Stessa circolare, più particolareggiata, inviata anche l’anno successivo. Il sospetto di Demo e dei familiari è che l’infezione sia stata contratta proprio con il macchinario usato nell’operazione del 2016. Macchinario che il San Bortolo ha utilizzato fino al 2017 nelle sale operatorie di cardiochirurgia.
«Ci sono stati dei casi in tutta Italia e ce ne sono stati anche al San Bortolo, tra i 900 pazienti per i quali è stato utilizzato il macchinario, e stiamo tenendo sotto controllo la situazione – spiega la dottoressa Romina Cazzaro, direttore medico del San Bortolo – ma quel macchinario è stato sottoposto a manutenzioni programmate di anno in anno, inviato in ditta che certificava di volta in volta il buon esito dei controlli, e nel 2017 era poi stato sostituito con altri dispositivi».