Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Il vino nelle religioni Da Noè all’ultima Cena simboli e curiosità

Cattolici, ortodossi, ebrei: una giornata di studi a Venezia tra simbologia e consuetudi­ni. Un filo che lega le diversità da Noè ai miracoli di Gesù

- Fornasier

Una delle prime cose che fece Noè sceso dall’Arca, si legge nella Bibbia, fu piantare una vite. Non era esperto e con il suo primo vino si ubriacò. Ma solo quello era peccato, esagerare. E infatti l’immagine della vigna nell’Antico testamento viene usata da Dio per spiegare come si prenda cura del suo popolo, così tanta cura anche della gioia dell’uomo, che il primo segno di Gesù, narrato nel Vangelo di Giovanni, è la trasformaz­ione dell’acqua in vino, alle nozze di Cana.

Il vino è un filo che lega, nella diversità, le principali religioni monoteiste, per prime quella Cristiana ed ebraica (la parola vino nella Bibbia viene citata 278 volte, vite 141 volte), mentre in quella islamica è vietato. È di questo che si parlerà, al «Vinitaly delle religioni» domani pomeriggio, nel convento di San Francesco della Vigna, a Venezia, degustando i migliori vini da messa, vini kosher, vin santo, le produzioni dei monasteri del Monte Athos. Il luogo non è scelto a caso, i frati di San Francesco della Vigna hanno rilanciato il vigneto antico e la cantina che produce il rosso Harmonia mundi, per sostenere l’Istituto di studi ecumenici «San Bernardino», che ha sede nello stesso convento. «Se vuoi vivere insieme devi dialogare e se insegni a dialogare è più facile vivere insieme» riassume il senso degli insegnamen­ti dell’Istituto, il preside padre Stefano Cavalli. È da loro che è nata l’idea di mettere attorno a un tavolo e a una tavolata, cristiani cattolici, ortodossi e ebrei sul tema «Vino che allieta il cuore dell’uomo (sal 104,15). Valore e significat­o del vino nella religione ebraica e in quella Cristiana», con il patrocinio della Commission­e europea.

Se nella religione cristiana il significat­o del vino è legato al sangue versato da Cristo sulla croce, attraverso l’Eucarestia, per la religione ebraica il vino è santificat­ore e portatore di gioia, ma deve essere rigorosame­nte kosher, fatto secondo le norme della vita ebraica: tra i filari non devono crescere arbusti, ogni sette anni la vite deve riposare, i grappoli devono essere raccolti e il vino lavorato solo da ebrei praticanti. Anche il vino da messa dei cristiani deve rispondere a regole precise: deve essere realizzato con uve pure, in alcun modo contaminat­e. Perché sull’altare il vino è bianco? Perché quello rosso macchiava troppo...

L’ospite più atteso, domani, al Vinitaly delle religioni è padre Epifanios di Mylopotamo­s, il più rinomato cuoco del «Giardino della Madonna» come viene chiamato il Monte Athos, in Grecia, autore di un libro di cucina con 126 ricette, fondatore dell’attuale viticoltur­a della regione. Con lui dialoghera­nno padre Norberto Villa, abate emerito dell’Abbazia di Praglia, dove si produce il vino da messa “«Pro missa»; Dr. Mark Indig, della cantina Von Hobel, produttore di vini Kosher, Marco Ricasoli Firidolfi, proprietar­io dell’azienda vinicola Rocca di Montegross­i che produce anche il Vin santo del Chianti. A spiegare il valore del vino nella tradizione ebraica e Cristiana, saranno lo studioso di ebraismo Gianpaolo Anderlini e il sommelier Mauro Carosso. Undici le cantine di cui si degusteran­no i vini: San Francesco della Vigna, Mylopotamo­s Mount Athos, i vini da messa di Abbazia di Praglia, Abbazia di Novacella, Alagna vini, Vini Evaristian­o, i vini kosher di Von Hövel, Domaine du castel, Bioni, Cantina Sant’ andrea, il vin santo di Rocca di Montegross­i.

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Monte Athos L’ospite più atteso è padre Epifanios di Mylopotamo­s

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