Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Maniero confessa «Avevo la protezione dei servizi segreti»
Mala aiutata da 007 deviati
VENEZIA Soldi e favori per poliziotti, carabinieri, giudici e... servizi segreti deviati. Da anni si favoleggiava delle protezioni di cui godeva la Mala del Brenta. Ora è lo stesso Felice Maniero, nell’intervista tivù concessa a Roberto Saviano, ad ammettere i legami con rappresentanti della nostra intelligence.
VENEZIA Fin dove arrivava il potere di corruzione di Felice Maniero? «Fino ai servizi segreti».
A chiedere conto degli agganci istituzionali che garantirono protezione alla Mala del Brenta è stato Roberto Saviano, nel corso della puntata di Kings of crime andata in onda mercoledì sera. La questione è uno dei principali nodi irrisolti della storia della mafia veneta, visto che in molti hanno ipotizzato contatti tra il gruppo criminale e settori deviati della nostra intelligence. Ma finora non era mai arrivata alcuna conferma ufficiale. Fino a ieri, visto che a rispondere alla domanda di Saviano è stato lo stesso Felice Maniero, nel corso di una lunga intervista che ha ripercorso l’ascesa e il declino della Mala.
Rivelando l’appoggio dei servizi segreti, Faccia d’Angelo ha spiegato che c’era «un pezzo di Stato» a proteggerlo. «Sì, perché io gli davo il tornaconto economico e di carriera… più operazioni importanti...». L’accordo - almeno stando a quanto sostiene l’ex boss - era chiaro: alcuni dei nostri 007 fornivano informazioni preziose ottenendo in cambio l’opportunità di effettuare arresti e grossi sequestri. In questo modo i funzionari si mettevano in luce e facevano carriera.
E non c’erano soltanto i servizi segreti nel libro paga di Maniero. «Non ho mai corrotto politici – ha spiegato – non era nel nostro interesse, non volevamo mescolarci con gente che ai primi due schiaffi avrebbe parlato». Ma se i politici non erano affidabili, alcuni dirigenti delle forze dell’ordine «ci davano tutte le informazioni: noi avevamo un maresciallo del Ros (di Padova, ndr) e un poliziotto (della squadra mobile di Venezia, ndr)» che venivano pagati cinque milioni al mese per riferire i dettagli delle indagini sulla banda. E poi c’erano i giudici corrotti, ai quali «pagavamo per ogni favore: a uno di loro davo venti milioni di lire».
Contro le parole di Faccia d’Angelo si è scagliato uno degli ex colonnelli della Mala del Brenta, Giampaolo Manca: «Maniero è un millantatore con un ego smisurato, e durante l’intervista non ha mostrato neppure un briciolo di pentimento», spiega al Corriere del Veneto. «Ha detto tante cose non vere. Alla storia che lui avesse dei contatti con i servizi segreti, io non ho mai creduto: se si fosse saputo in giro che qualcuno di noi passava informazioni agli 007 utili a fare arresti o grossi sequestri, ci avrebbero ammazzati...».
L’intervista ha toccato tanti aspetti della vita dell’ex boss di Campolongo. Dall’infanzia («I miei genitori erano buoni, volevano che proseguissi negli studi») ai primi contatti con la piccola criminalità veneta, attraverso lo zio che «era un malavitoso, lui e altri rubavano mucche e caffè. Vedevo i suoi amici che giravano con grosse macchine e ragazze, ogni tanto mi davano da nascondere dei pacchi». La prima volta con una pistola in mano? «A nove anni». Poi la nascita della Mala del Brenta, e la pioggia di soldi. «Vivevo da nababbo. Andavo a Parigi, a Londra, viaggiavo con borse da cento milioni di lire». E poi le auto di lusso: «Una volta ho distrutto una Ferrari tre ore dopo averla comprata».
Maniero parla anche del mercato della droga e spiega che, se lo Stato liberalizzasse il mercato degli stupefacenti, sarebbe un colpo durissimo per la Mafia: «Il prezzo crolla! Crolla il mercato! I miei affari ci sarebbero stati lo stesso, perché io facevo anche rapine. Però per le altre organizzazioni la legalizzazione sarebbe la ghigliottina. Mi chiedo come mai ancora non lo abbiano fatto».