Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Migranti, le paure della coop «Ci hanno mezzo avvisati sembra Padova Capitale»
La funzionaria suggeriva di allearsi con i potenti di Ecofficina. E spunta una «pista» bolognese
PADOVA Se in Veneto qualcuno voleva entrare nel business dei migranti, doveva stare molto attento. Rischiava di crearsi nemici pericolosi e quindi era meglio affiancarsi ai colossi del settore. A cominciare proprio da Ecofficina.
Almeno questi erano i timori di alcuni operatori del settore, così come emergono dalle oltre duemila pagine agli atti della maxi-inchiesta condotta dal sostituto procuratore di Padova, Sergio Dini, che sta facendo luce sui presunti favori fatti dalla prefettura della città del Santo alla coop di Battaglia Terme, che tra il 2015 e il 2017 gestiva i principali hub del Veneto, compresi quelli di Cona, Padova e Bagnoli di Sopra.
Con la chiusura dell’indagine, i documenti sono ora a disposizione degli avvocati che difendono i principali sospettati, tra i quali i vertici di Ecofficina (oggi Edeco), il viceprefetto Pasquale Aversa e una funzionaria della prefettura, Tiziana Quintario.
«È il nostro territorio»
In un’intercettazione dell’ottobre 2015, Quintario riceve una telefonata classificata come «molto importante» dagli investigatori. Il suo interlocutore le spiega di aver appena concluso un incontro sul tema dell’accoglienza dei profughi, settore nel quale pare vorrebbe inserirsi. Ma ha qualche perplessità: «Abbiamo ricevuto dei mezzi avvisi bonari... che ci dicevano: “Questo è il nostro territorio, guai a chi si mette in mezzo”... Quasi fosse “Padova Capitale”, no!». Non vere e proprie minacce, quindi, ma il paragone mette la pelle d’oca, perché sembra alludere a «Mafia Capitale», l’inchiesta che nel 2014 dimostrò il livello d’interesse, da parte della criminalità, nei confronti del business dei migranti che spiegò uno degli indagati «rende più della droga».
Alla Quintario, l’interlocutore chiede un consiglio: «Secondo lei è sbagliato che noi cerchiamo, in quanto nuovi entrati, di collaborare con quelli che ritengo essere i più organizzati? O rischiamo di trovarci qualcuno contro, qualche organizzazione sbagliata... meglio che ce ne stiamo in disparte o cerchiamo di integrarci su questa realtà?». La funzionaria ribatte che questo non è compito della prefettura ma l’uomo al telefono sembra davvero preoccupato: «Volevo sapere se rischiamo di andare a crearci inimicizie e che tipo di inimicizie ci sono, perché mi sembra che sia un’ambiente abbastanza... settario...». A quel punto, Quintario conferma: «Penso che lei abbia capito giusto, perché anch’io ho avuto questa sensazione: che è molto settaria...». L’uomo assicura che «non sono uno che si fa intimorire» e spiega di aver chiesto un incontro a Ecofficina: vorrebbe sapere se «nella sostanza sono persone preparate e oneste» e la funzionaria lo rassicura raccontandogli un episodio: quando la prefettura di Venezia «è andata in panico» per la gestione dell’hub di Cona, fu lei stessa a consigliare ai colleghi di rivolgersi alla coop di Battaglia Terme.
Al di là del clima inquietante appena descritto, per gli investigatori la telefonata dimostra che Quintario «si prodigava a suggerire possibili collaborazioni con Ecofficina». Come quando, parlando con il referente di un’altra coop, gli consiglia di non partecipare da solo alla gara per l’assistenza ai migranti. «Chiedi loro (a Ecofficina, ndr) se puoi partecipare insieme, come associazione temporanea di imprese... in modo tale che praticamente lui (Simone Borile, il patron di Ecofficina, ndr) fa da capofila e tu... segui... hai la tua autonomia e la tua indipendenza ma hai uno più forte di te che ti può sempre dare un appoggio, capito? Invece di correre da sola che sei piccina...».
Il filone bolognese
Nel 2016, quando si scoprì che la procura di Padova stava indagando, la Quintario fu trasferita a Bologna. Eppure dalle carte dell’inchiesta emerge il sospetto che - nonostante sapesse di essere nei guai - continuasse a passare notizie riservate alle imprese che si occupano di migranti, stavolta in Emilia.
L’ipotesi - che se confermata sarebbe clamorosa emerge da un’informativa datata luglio 2018. È la guardia di finanza di Venezia a spiegare come, stando a quanto emerge dalle intercettazioni, «Quintario avrebbe dato preavviso dei controlli in essere da parte della prefettura di Bologna nei confronti di cooperative emiliane attive nell’accoglienza».
Le telefonate registrate dai finanzieri «hanno permesso di rilevare come la Quintario avvisi preliminarmente i rappresentanti di alcune cooperative operanti nel settore dell’accoglienza nella provincia di Bologna». I motivi che la spingono a rischiare così tanto, non sono chiari. Se a Padova avrebbe ottenuto da Edeco alcuni favori (come l’assunzione delle figlie) in cambio delle «soffiate», è la stessa guardia di finanza a sottolineare come in Emilia avrebbe invece agito «di propria iniziativa, senza che gli operatori del settore lo richiedano, informando i referenti delle cooperative dell’imminente ispezione di funzionari della prefettura di Bologna, quest’ultimi ignari di tale situazione». Insomma, si sarebbe mossa da sola, senza complicità deli ispettori dell’ufficio territoriale di governo.
Gli investigatori citano anche un episodio avvenuto il
28 ottobre 2017, quando Quintario contatta il vicepresidente di una coop che gestisce il centro di accoglienza di Lizzano (uno dei Comuni della cintura bolognese) «e gli comunica che due ispettori della prefettura stanno venendo a fare un’ispezione» raccomandando «che non manchino carte e che ci sia qualche mediatore». L’informativa trasmessa alla procura definisce «anomalo» il comportamento, e «lascia presagire pertanto un interesse personale della Quintario (…) a mettere al corrente l’ente gestore della prossima ispezione».
Sono solo sospetti, è bene ribadirlo. Anche perché la stessa finanza ammette di non avere «informazioni certe che permettano di classificare l’accesso presso la struttura come una vera e propria ispezione (…) o come un accesso “conoscitivo” privo di qualsiasi natura ispettiva». Nel primo caso, ovviamente, la visita degli ispettori «non avrebbe dovuto essere preannunciata».
In attesa di sapere se queste intercettazioni basteranno ad aprire un nuovo filone investigativo, viene da chiedersi a che titolo la funzionaria continuasse a occuparsi di profughi a Bologna nonostante fin dal settembre del
2016 tutti sapessero che era sotto inchiesta a Padova proprio per presunti illeciti relativi alla gestione di migranti.