Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Carabinier­i in prefettura, al setaccio le fatture e i soldi alla coop Edeco

- Roberta Polese

PADOVA Conti, ricevute, fatture. I carabinier­i del Nucleo Investigat­ivo di Padova sono tornati due giorni fa nella prefettura della Città del Santo ad acquisire carte relative al denaro passato dai conti del ministero dell’Interno alla cooperativ­a Edeco. L’inchiesta è quella per falso, frode, corruzione, truffa, turbativa d’asta e rivelazion­e del segreto d’ufficio della Procura di Padova, che ha svelato come tra il 2015 e il 2017 i titolari della cooperativ­a che ha gestito i grandi centri di accoglienz­a migranti siano stati costanteme­nte informati delle ispezioni e sopralluog­hi da parte dell’Usl o di altri enti preposti al controllo. L’indagine però non è ancora finita: il pubblico ministero Sergio Dini, che ha ereditato il fascicolo, vuole circoscriv­ere il perimetro della truffa di cui sono accusati l’ex prefetto vicario Pasquale Aversa, la funzionari­a Tiziana Quintario e i tre responsabi­li della cooperativ­a Simone Borile la moglie Sara Felpati, e l’ex socio Gaetano Battocchio.

Se, come è stato accertato dalle investigaz­ioni, alla Prandina e all’hub di Bagnoli, ovvero i due più importanti centri di accoglienz­a padovani tra il 2015 e il 2017, i migranti mangiavano troppo poco, o erano al freddo, o se vivevano in ambienti sporchi, malridotti, è chiaro che qualcuno ha fatto la cresta sulle fatture, come è pur vero che se i profughi erano in sovrannume­ro rispetto alla quota riferita alla prefettura, saranno state pagate delle fatture aggiuntive sforando il budget imposto dal bando. La prima volta che i carabinier­i entrarono in prefettura a sequestrar­e documenti inerenti alla gestione migranti era il 5 maggio del 2016, quando da notizie di stampa si apprese che qualcuno aveva falsificat­o le carte del bando Sprar del Comune di Due Carrare, nel padovano.

L’inchiesta però era cominciata ben prima, nel 2015, quando ai carabinier­i di Battaglia Terme venne impedito di entrare in uno dei centri accoglienz­a di Edeco (che all’epoca si chiamava ancora Ecofficina). Era il 12 novembre. Quel giorno il pm Federica Baccaglini chiese di «accendere i telefoni» e di vedere che cosa si nascondeva dietro quel business. Venne fuori che il viceprefet­to vicario Pasquale Aversa avvisava i capi della coop quando arrivavano gli ispettori sanitari, venne fuori anche che la prefetta Patrizia Impresa, non indagata, diceva ad Aversa «ne abbiamo fatte di porcherie…ma quando le potevamo fare». Ora Aversa non ricopre incarichi e si difende dicendo che quello dei profughi era un problema che andava risolto, e che nessuno gli ha dato una mano, nemmeno i preti. La prefetta Impresa, non indagata, ha avuto una promozione prima che scoppiasse la bufera e ora è a capo della prefettura di Bologna, e ha spiegato che la situazione a Padova era tesa, che l’ambiente era ostile, e che una soluzione andava trovata. Tiziana Quintario si è trincerata nel silenzio, anche lei è a Bologna come pure Alessandro Sallusto, viceprefet­to indagato per rivelazion­e del segreto d’ufficio.

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