Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Uccise la fidanzata incinta: l’Appello conferma i trent’anni
Ribadita la pena per il ventenne moldavo Savciuc. A Conegliano, marzo 2017, il delitto di Irina Bacal
CONEGLIANO Nessuno sconto di pena per Mihail Savciuc, confermata la condanna a 30 anni di carcere emessa in primo grado con rito abbreviato. La sentenza della corte d’assise d’appello di Venezia è arrivata ieri, dopo appena un’ora e mezzo di camera di consiglio, per il 20enne moldavo accusato di aver ucciso l’ex fidanzata, Irina Bacal, 20 anni, incinta di suo figlio. «Giustizia è stata fatta per mia figlia e per il mio nipotino Nicola. Il loro assassino meriterebbe l’ergastolo. Né lui né la sua famiglia hanno mai mostrato un minimo pentimento» ha commentato tra le lacrime, Galia, mamma di Irina, anche ieri all’udienza, assistita dall’avvocato Andrea Piccoli
Savciuc era accusato di omicidio volontario premeditato e pluriaggravato dalla gravidanza della vittima e dai motivi abbietti, oltre che di occultamento di cadavere. L’avvocato Giorgio Pietramala, da poco più di un mese difensore del 20enne, ha annunciato ricorso in Cassazione. A differenza dei legali che lo avevano assistito in primo grado e che avevano proposto appello chiedendone l’assoluzione, l’avvocato Pietramala puntava a uno sconto di pena sperando nell’esclusione dell’aggravante dei motivi abbietti. Richiesta alla quale si è opposto con forza il procuratore generale Paola Cameran, che ha chiesto la conferma del primo grado. Nel primo pomeriggio la sentenza: confermati i 30 anni.
Irina era scomparsa il 19 marzo 2017. Tre giorni dopo, il corpo martoriato era stato trovato in un boschetto di Manzana, a Vittorio Veneto, coperto da foglie e rovi. La giovane, con in grembo il suo bambino di 7 mesi, è morta strangolata, dopo essere stata colpita alla testa da una grossa pietra al culmine di una lite con l’ex fidanzato che voleva costringerla ad abortire. Un bambino che lui non voleva. Pochi giorni prima, aveva scritto via sms a un’amica che cercava di rassicurarlo: «Ma quale tutto ok. Io le taglio la pancia e le strappo via il bambino». Dopo il delitto, Savciuc si era liberato della pietra e della borsetta della ragazza e era andato al Bingo a giocare. Il giorno dopo il ragazzo aveva ripreso la vita di sempre: a scuola, tra gli amici, negando di aver visto Irina. Ma si era tradito, rivendendo il telefono cellulare e i pochi gioielli che la ragazza indossava e che le aveva tolto dopo averla uccisa. Interrogato dalla squadra mobile, aveva prima fornito versioni diverse poi, convinto dalla sorella, aveva confessato, portando lui stesso gli inquirenti nel luogo dell’occultamento.