Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lite governo-Ue Ecco cosa rischia il Veneto
Bruxelles boccia la manovra, Governo sulle barricate: ecco che succede se parte l’infrazione
La Commissione Europea boccia la manovra e il Governo sale sulle barricate. Il rischio, sempre più concreto, è l’avvio di una procedura d’infrazione a carico dell’Italia, che provocare il blocco dei prestiti da parte della Bei e quello dei fondi europei, che per il Veneto valgono 3 miliardi.
VENEZIA La Commissione europea ha bocciato ieri la manovra italiana e aperto la strada alla procedura di infrazione «per deficit eccessivo in violazione della regola del debito». Bruxelles ha «rigettato» il documento programmatico per il 2019 in considerazione della «violazione particolarmente grave» delle regole di bilancio e, a quanto pare, sarà braccio di ferro perché il governo intende fornire sì una dettagliata spiegazione degli obiettivi e dei parametri contenuti nella manovra ma senza comunque apportarvi alcuna modifica.
E dunque che succede ora? La Commissione invierà il suo rapporto ai governi dell’eurozona per una valutazione tecnica, poi, insieme al Consiglio chiederà all’Italia una manovra correttiva da fare entro 3-6 mesi con misure per il riallineamento dei conti pubblici ai vincoli europei. Solo in caso di esito negativo scatterebbero le sanzioni pecuniarie, che possono essere di tre tipi e, in due casi su tre, impattare in modo diretto sulle future strategie della Regione.
La prima ipotesi è una multa dallo 0,2% allo 0,5% del Pil, che comunque dev’essere avallata dall’Ecofin. Il Veneto, com’è ovvio, ci rimetterebbe perché all’interno del «sistema Paese» ma subirebbe la stangata senza poter muovere un dito, con serafica rassegnazione. La seconda è il blocco dei prestiti da parte della Banca Europea degli Investimenti e qui la faccenda si fa più delicata perché negli ultimi tempi la nostra Regione è ricorsa in più occasioni alla Bei, con una certa soddisfazione. L’ha fatto con Cav, la concessionaria che gestisce il Passante di Mestre, che chiese alla banca guidata da Werner Hoyer di garantire il project bond da 830 milioni con cui è stata pagata Anas per la costruzione della nuova autostrada. L’ha fatto l’Usl della Marca Trevigiana (insieme ai privati di Ospedal Grando Spa), che ha ottenuto dalla Bei un prestito di 68 milioni (in due tranche da 29 e 39 milioni) per la costruzione della
” L’assessore Donazzan È tutto un bluff, non possono rivedere la programmazione 2014-2020, i soldi sono già stati deliberati e impegnati
nuova Cittadella della Salute di Treviso da 250 milioni. E vorrebbe farlo l’Azienda ospedaliera di Padova, che deve costruire il nuovo ospedale cittadino, punto di riferimento d’eccellenza regionale da 450 milioni. L’Azienda ha chiesto il finanziamento integrale all’Inail ma in caso di risposta negativa o parziale ha già ipotizzato di rivolgersi proprio alla Bei, oltre che a Cassa Depositi e Prestiti e allo Stato, per avere i denari necessari. Senza scordarsi che una parte degli 800 milioni previsti dal Decreto del Presidente del Consiglio 15 settembre 2015 e destinati alle opere anti alluvione, soldi pure provenienti dalla Bei con un finanziamento pluriennale a cui il ministro dell’Ambiente Sergio Costa vorrebbe rinunciare, andrebbero in parte cospicua proprio al Veneto.
Infine, la terza via che può imboccare l’infrazione, la più grave per la Regione, è il blocco dei fondi strutturali, che è però una sorta di extrema ratio e difatti non è mai stata applicata, neppure quando Spagna e Portogallo non rispettarono il rientro dal deficit (i due governi trovarono un accordo con la Ue prima che fosse troppo tardi).
La partita, per il Veneto, vale oltre 3 miliardi per il settendo nato 2014-2020: il Fondo europeo per lo sviluppo regionale, dedicato alle imprese e all’innovazione, ammonta a 599 milioni (300 dall’Ue, il resto deriva dal cofinanziamento statale e regionale); il Fon- sociale europeo, destinato ai lavoratori, a 764 milioni
(382 dall’Ue); il Programma di sviluppo rurale, in aiuto all’agricoltura, a 1,184 miliardi
(511 dall’Ue). Poi ci sono le risorse per la pesca, la cooperazione transfrontaliera e transnazionale, il fondo sviluppo e coesione gestito dallo Stato e quelli a gestione diretta della Commissione, che negli ultimi sette anni hanno portato in Veneto altri 330 milioni di euro. Facile intuire l’impatto che avrebbe la decisione di Bruxelles non solo di chiudere ma anche solo di ridurre questi canali.
«Francamente mi pare un bluff - commenta l’assessore al Lavoro Elena Donazzan, che gestisce il Fondo Sociale - perché non penso proprio che l’Ue possa rivedere la programmazione già deliberata, calendarizzata e in gran parte impegnata per il settennato
2014-2020. Potrebbe, questo sì, agire sulla programmazione 2021-2027, su cui però sono molto indietro a Bruxelles, sotto tutti i punti di vista. E credo che quando sarà il momento di ragionarci sul serio, dopo le elezioni Europee, l’Unione sarà a trazione sovranista e la rotta destinata a cambiare radicalmente».