Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Insolvenza Veneto Banca, Consoli vuole la perizia tecnica
Richiesta ai giudici in appello di verificare i numeri: «L’istituto non era finito»
sentenza di primo grado ha riconosciuto che la banca non era insolvente prima del 23 giugno e che lo divenne per la mancata concessione della ricapitalizzazione precauzionale. E furono gli amministratori, saputo del no alla ricapitalizzazione precauzionale, ad anticipare Bce, dichiarando la mancata continuità aziendale».
Messa così, escluse responsabilità dell’ultimo cda nell’aver creato lo stato d’insolvenza, la dichiarazione eventualmente confermata in appello si tradurrebbe in sede penale nel ricercare indietro negli anni gli atti di cattiva gestione che hanno posto le basi della bancarotta, costruendo un quadro di debolezza non più recuperabile. Dando un’arma in più alla Procura di Treviso per scandagliare l’epoca Consoli-Trinca.
E infatti Consoli, con l’avvocato Sirio D’Amanzo, ha chiesto al tribunale una consulenza tecnica d’ufficio. «Riteniamo che la banca non fosse insolvente», ha detto il legale. In sostanza, sulla base dei dati del perito di parte, il professor Francesco Busato, Veneto Banca al momento della liquidazione con gli 1,7 miliardi di patrimonio netto e i 4 di crediti deteriorati netti, recuperabili per l’85% secondo le proiezioni di Banca d’Italia, per un valore finale di 3,4 miliardi, ne aveva più che a sufficienza per pagare tutti i creditori.
E questo anche senza considerare la rettifica dei commissari liquidatori sugli 800 milioni di crediti deteriorati recuperati in bonis in poco tempo, annunciata l’anno scorso nell’audizione nella commissione banche. Smentita ora con una lettera dei commissari stessi, girata a Venezia da Bankitalia. In buona sostanza, hanno scritto i commissari, l’800 si riferiva alle posizioni recuperate in bonis. Mentre i milioni recuperati sono solo 21. «Una rettifica inaspettata, perché, come per Consoli, immagino che dopo l’audizione sia arrivata una mail che chiedeva di confermare il resoconto stenografico -, ha ricordato il legale -. Credo che sia un lapsus. Ma se la liquidazione si fosse costituita avremmo potuto almeno chiedere a loro».
D’altra parte per D’Amanzo, anche non volendo prendere per buona questa linea, una perizia tecnica è necessaria per fissare i dati su cui ragionare, perché non ci sono numeri sufficienti per sostenere la tesi opposta. Ctu di cui D’Amanzo ha confermato la richiesta, in subordine ad una sentenza che rigetti l’insolvenza, nonostante il monito arrivato dai giudici della corte, in particolare dal relatore Paola Di Francesco, sui costi dell’operazione, che a quel punto ricadrebbero solo su Consoli, visto che le altre parti si sono rimesse alla decisione del Tribunale. «Sono stato autorizzato a richiedere la perizia», ha però annunciato il legale, dopo una breve interruzione servita per una telefonata a Consoli di verifica.
D’altra parte una base di dati più solida su cui decidere, dopo che anche la Banca d’Italia non ne ha forniti nella relazione chiesta dal collegio giudicante, per la parte di Consoli è fondamentale. La palla a questo punto passa alla Corte d’appello, che si è riservata di decidere. E che potrà concedere la perizia, come tirare dritto e andare (com’è parso più plausibile ieri dal clima) direttamente a sentenza.