Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

«Il calcio, grande amore E quei capelli in omaggio a Meroni»

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volta dopo sono puntuale al campo. Scarpini scintillan­ti, questa volta. Mi chiamano per ultimo ma sono il primo ad essere scelto».

E inizia la trafila alle giovanili...

«Anni bellissimi. Dai pulcini fino all’esordio in serie C. Poi a Chioggia e di nuovo al Padova tre anni. Nel 1972 mi vuole il Bologna, in serie A. Esordisco, gioco tre partite e mi girano alla Reggina, in B. Due anni lontano da casa, non è stato facile. Poi torno a Padova altre due stagioni».

La famiglia l’ha assecondat­a nel fare il calciatore?

«I miei erano operai, famiglia umile e dignitosis­sima. Nessuno mi ha mai spinto e nessuno mi ha fermato».

Cosa ricorda dell’Appiani?

«Grande atmosfera, pubblico esigente, attaccati al campo, ti sembrava di sentire il respiro della gente. Anni molto intensi e molto belli».

E poi l’epopea del Vicenza, dove arriva maturo, a 28 anni.

«Partiamo in B e vinciamo il campionato. C’era Paolo Rossi, già allora mostrava un talento e un fiuto per il gol pazzeschi. Tante vittorie, tante soddisfazi­oni».

E nasce la leggenda del Real Vicenza: come la ricorda?

«Grande squadra. E un grande uomo come Fabbri. Per me è stato allenatore, padre, confessore, amico. Metteteci quello che volete».

Come nasce il soprannome di

«Per il mio modo di giocare, di correre senza sosta, immagino... Ero piccolino e leggero, ai tempi il fisico contava molto. Ma ero caparbio, amavo il calcio e per me era prima di tutto divertimen­to puro».

E poi c’era Rossi...

«Chi lo ha visto in quegli anni ha visto, dico io, il Rossi più autentico. Un falco in area. Quell’anno segnò 24 gol in 30 partite, non so se mi spiego, con il Vicenza poi, che era ancora più difficile visto che non eravamo una grande».

I capelli, Filippi, li dimentichi­amo?

«Certo che no. Li portavo lunghi già da ragazzino, mi piaceva. Poi ci ho aggiunto i baffi. Sono stato il primo “capellone” del calcio...»

Solo estetica quindi?

«Mi piaceva, l’ho detto. E così comunque li portava anche Gigi Meroni, che per me era un idolo assoluto, per come giocava e come si muoveva in campo».

Niente contestazi­one anni’70?

«Ma quale contestazi­one... Facevo il lavoro più bello del mondo e mi pagavano bene: cosa avrei dovuto contestare?».

Da Vicenza a Napoli: come ha vissuto il salto nella grande città?

«A Vicenza stavo bene, io amo le città piccole, ma sono stato bene alla fine anche a Napoli, davvero. All’inizio gli 80.000 del San Paolo facevano un po’ impression­e, lo ammetto, poi ci ho fatto l’abitudine».

Filippi, lei ha vinto per due stagioni di seguito il Guerin d’oro, come miglior calciatore della serie A...

«All’epoca c’erano grandi campioni in serie A, di sicuro molto ma molto più forti di me. Vuol dire che qualcosa di buono ho fatto e di questo sono molto orgoglioso».

Tra Napoli, Atalanta e Cesena in serie A lei ha battagliat­o con i più grandi dell’epoca: che effetto fa a ripensarci ora?

«Ci penso poco adesso. Certo, c’erano Falcao, Zico, Boniek, Platini, Rummenigge, Cerezo, Socrates... Insomma, non è che i fuoriclass­e ci siano solo adesso eh... Facevano quello che volevano con la palla. Magari più lenti rispetto ad ora ma sulla tecnica c’è poco da discutere».

E Filippi?

«E Filippi correva. D’altra parte non potevi pensare di competere con questi fenomeni sul piano della tecnica o del palleggio».

Lei ha smesso nel 1987, quando è tornato al Vicenza. Quasi una nemesi, ha chiuso dove è esploso al grande calcio...

«Avevo 39 anni, ho capito che era il momento di staccare. Fosse per me avrei giocato altri dieci anni ma devi fare i conti con il fisico».

Il calcio lo segue ancora?

«Poco, ho allenato per qualche anno ma non faceva per me, soffrivo troppo in panchina... Adesso guardo qualche partita, possibilme­nte con l’audio spento. Troppa enfasi, anche un passaggio a cinque metri sembra una cosa incredibil­e, non mi piace».

Cosa fa adesso Pippo Filippi?

«Ho 70 anni, faccio il nonno e conduco una vita bella tranquilla. Tutto qui».

Cosa le resta, se si guarda dentro, di vent’anni di grande calcio?

«Divertimen­to, prima di tutto. Una passione che mi ha dato da vivere serenament­e. Ma non ho mai buttato i soldi o fatto il gradasso. Vengo da una famiglia umile, capisco il valore delle cose quando ti mancano. E gli amici di adesso sono quelli di quando ero ragazzino. A me sembra la cosa che conta di più».

 ?? ?? a Padova il 30 luglio 1948. Ha iniziato la carriera nel 1967 al è nato Chioggia dopo tutta la trafila nelle giovanili biancoscud­ate.  Per lui poi diverse stagioni al Padova tra serie B e C intevallat­e da una parentesi al Bologna in A e alla Reggina in serie B.  Dal 1976 al 1978 al Vicenza dove è protagonis­ta dell’epopea del «Real Vicenza» di Gibì Fabbri con il secondo posto in serie A alle spalle della Juventus.  Era il Vicenza di Paolo Rossi, cannoniere in A con 24 gol e poi titolare nella Nazionale di Enzo Bearzot in Argentina nel 1978.  Filippi passa poi al Napoli, all’Atalanta, al Cesena e di nuovo al Vicenza dove chiude la carriera nel 1987 a 39 anni.  Come allenatore ha avuto esperienze al Treviso nelle giovanili, alla Salernitan­a e poi alla Piovese, all’Abano e al Campodarse­go
a Padova il 30 luglio 1948. Ha iniziato la carriera nel 1967 al è nato Chioggia dopo tutta la trafila nelle giovanili biancoscud­ate.  Per lui poi diverse stagioni al Padova tra serie B e C intevallat­e da una parentesi al Bologna in A e alla Reggina in serie B.  Dal 1976 al 1978 al Vicenza dove è protagonis­ta dell’epopea del «Real Vicenza» di Gibì Fabbri con il secondo posto in serie A alle spalle della Juventus.  Era il Vicenza di Paolo Rossi, cannoniere in A con 24 gol e poi titolare nella Nazionale di Enzo Bearzot in Argentina nel 1978.  Filippi passa poi al Napoli, all’Atalanta, al Cesena e di nuovo al Vicenza dove chiude la carriera nel 1987 a 39 anni.  Come allenatore ha avuto esperienze al Treviso nelle giovanili, alla Salernitan­a e poi alla Piovese, all’Abano e al Campodarse­go
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