Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il medico veneziano e l’arte-terapia contro il Parkinson
Studio sull’arte-terapia: «Risultati concreti»
Gli impressionisti? Utilizzano colori «equi-illuminanti», dotati cioè dello stesso livello di luminosità anche se molto diversi tra loro come il rosso e il blu, sollecitando funzioni visive più sofisticate. E Caravaggio? Trasforma l’effetto della luce in riflettori che illuminano l’entrata e l’uscita dalla scena dei personaggi, stimolando specifiche capacità neuronali. Per non parlare della prospettiva evidente nei capolavori di Leonardo, in grado di sollecitare la retina. Così l’arte entra nelle Neuroscienze e diventa terapia per migliorare i sintomi del morbo di Parkinson. Accade nel primo studio a tema condotto dal veneziano Alberto Cucca, dal 2016 ricercatore alla New York University con il sostegno della Fondazione Fresco, il cui Istituto si occupa dei disordini del movimento nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson.
«L’idea è nata nel 2016, visto l’interesse crescente sui sintomi di questa patologia e per capire come le alterazioni visive che scatena possano impattare sul cammino e sull’equilibrio — spiega il dottor Cucca —. L’arte presuppone funzioni sofisticate per processare le quali sono coinvolte le stesse aree della corteccia cerebrale deputate all’elaborazione delle attività visive e dove quindi vanno ricercate le disfunzioni scatenate dal Parkinson. Ecco perchè pensiamo che l’arte-terapia possa migliorare tali capacità». E allora nel 2017 è partito il progetto finanziato dalla Keller Family Foundation e condotto da Cucca insieme al direttore dell’Istituto Fresco, Andrew Feigin, e al collega argentino Milton Biagioni. Sono stati reclutati due gruppi di 15 pazienti ciascuno tra 60 e 80 anni, alcuni dei quali con una formazione artistica, che per due volte a settimana partecipano a sessioni creative. Cioè dipingono con tempere, pastelli, acquarelli o si dedicano alla manipolazione dell’argilla sotto la guida di artisti, anche famosi, su temi liberi o ispirati dai terapisti. «Il percorso dura dieci settimane e prevede soprattutto arte visiva — illustra Cucca — la ratio è di capire le basi dei sintomi visuo-spaziali poco conosciuti ma molto importanti, perchè interessano funzioni che ci permettono di registrare l’ambiente circostante e capire come muoverci in modo sicuro, stabilire le distanze tra gli oggetti, evitare gli ostacoli, scegliere le traiettorie da seguire. Funzioni che ne influenzano altre considerate puramente motorie, come il cammino e l’equilibrio, ma nessuno ha mai indagato in tal senso». Per capire il risultato dell’arte-terapia i pazienti vengono sottoposti prima e dopo le lezioni a risonanza magnetica cerebrale, test neurocognitivi e visivi e altri accertamenti clinici. E i primi risultati indicano un miglioramento significativo soprattutto per quanto riguarda la capacità di distinguere tra stimoli visivi simili ma non identici, il movimento oculare necessario ad esplorare stimoli visivi presentati e il modo di camminare, registrato con sensori applicati addosso al paziente. «La qualità di vita migliora in maniera sostanziale — conferma il ricercatore italiano — e poi l’arte crea anche un benessere emotivo tale da infondere ai malati più sicurezza nell’affrontare i disagi legati al Parkinson. Patologia che implica un’alterazione nella percezione cromatica: ecco dunque un’ennesima implicazione dell’arte-terapia da studiare». Il progetto, coordinato da Daniella Mania, potrebbe dettare linee guida universali. E infatti sarà prolungato, con altri 15 pazienti già arruolati, almeno fino alla prossima primavera. «Lavorare con gli artisti è stimolante — chiude Cucca — del resto per secoli hanno dovuto studiare il modo di bypassare limitazioni fisiche, come il riprodurre in 2D una realtà tridimensionale».
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Alberto Cucca Funzionano anche la prospettiva di Leonardo e la luce di Caravaggio