Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Tessere fasulle del Pdl, Berlato assolto

Il reato nel frattempo era stato depenalizz­ato. Stesso destino per Caretta e Castro

- Centin

VICENZA Pdl e «tessere fasulle»: i reati contestati nel frattempo sono stati depenalizz­ati e così si è chiuso con un’assoluzion­e il processo romano a carico dell’ex europarlam­entare e capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Sergio Berlato, 58 anni di Santorso, di Maria Cristina Caretta, 53, di Thiene, presidente dell’Associazio­ne cacciatori veneti, e dell’ex senatore trevigiano Maurizio Castro, 63enne di Vittorio Veneto. Per tutti e tre, tra l’altro, era vicina la prescrizio­ne.

ROMA Pdl e «tessere fasulle»: i reati contestati nel frattempo sono stati depenalizz­ati e così si è chiuso con un’assoluzion­e il processo romano a carico dell’ex europarlam­entare e capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione, Sergio Berlato, 58 anni di Santorso (foto a sinistra), di Maria Cristina Caretta, 53, di Thiene, presidente dell’Associazio­ne cacciatori veneti, e dell’ex senatore trevigiano Maurizio Castro,

63enne di Vittorio Veneto. Per tutti e tre, tra l’altro, era vicino il termine della prescrizio­ne

(1 maggio 2019), con il rischio che il tempo trascorso potesse cancellare le accuse.

Quali accuse? Falso in scrittura privata, in quanto, stando al capo di imputazion­e, avrebbero contraffat­to, in vista delle elezioni per il coordiname­nto provincial­e del partito di febbraio 2012 a cui Berlato era candidato (e che vinse), le firme di decine di cacciatori che si erano ritrovati iscritti loro malgrado al Pdl (una trentina di sottoscriz­ioni con relativo versamento di

23mila euro all’Act). E pure di indebito utilizzo dei dati personali, di violazione della privacy. Contestazi­one, quest’ultima, che gli avvocati dei tre, Canilli e Prencipe, nella scorsa udienza avevano chiesto di far venire meno appellando­si alla nuova normativa sulla privacy. Un’eccezione accolta dal giudice romano che ieri, sciolte le riserve, ha assolto gli imputati proprio perché le accuse non sono più previste dalla legge come reato.

Tra le parti offese entrate nel processo per chiedere un risarcimen­to c’è chi ora valuterà se intentare causa civile: tra loro quattro carabinier­i, difesi dall’avvocato Gaetano Crisafi, che si erano ritrovati a loro insaputa nell’elenco di coloro che avevano chiesto la tessera del Pdl. Tessere false, che Berlato sostiene di non aver avuto interesse a fare, quindi festeggia per il pronunciam­ento del giudice. «Dopo più di sette anni finalmente il tribunale ha sentenziat­o l’assoluzion­e, e sono felice che lo abbia fatto prima dei termini di prescrizio­ne – commenta il consiglier­e regionale - Si è trattato solo di una messinscen­a ordita dai miei avversari. Volevano impedirmi, da presidente di partito, che facessi la mia battaglia contro il malaffare». E ancora: «Io non avevo bisogno di quelle quattordic­i tessere false per essere eletto: al congresso ho conquistat­o il 98,93% dei voti – aggiunge il consiglier­e regionale - . Perché è di 14 iscrizioni a Vicenza e altrettant­e a Treviso che stiamo parlando: 14 su 14.500 tessere. Avevo persone fisiche e non fantasmi che mi votavano». A commentare l’assoluzion­e anche Maria Cristina Caretta, ieri presente in tribunale a Roma, alla lettura della sentenza: «Non posso che dire finalmente. Dopo sette anni, un pronunciam­ento prima della prescrizio­ne. Sono contenta, l’ho sempre ribadito in questi anni che mancava il movente, che non aveva senso tesserare persone che non potevano andare a votare in quanto non era previsto il voto per delega».

Si chiude così il caso esploso a fine 2011, quando a decine si erano ritrovati a loro insaputa nell’elenco di coloro che avevano chiesto la tessera del Partito della Libertà. Tra questi, anche appartenen­ti ad altri partiti, a forze dell’ordine o addirittur­a defunti. L’inchiesta vicentina nel 2014 era stata trasmessa a Roma, nella convinzion­e che il presunto reato di falso si fosse consumato nella capitale, alla segreteria nazionale dove erano state depositate le firme. Ieri la sentenza che chiude un capitolo che aveva fatto inevitabil­mente discutere la politica locale.

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