Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

La vicenda

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VENEZIA Si aggiunge un nuovo capitolo all’inchiesta aperta dalla Procura di Venezia, su segnalazio­ne del governator­e Luca Zaia, in merito al software utilizzato dal 2015 al 2017 dall’ex Usl di Mirano — nel

2016 inglobata dall’Usl 3 Serenissim­a — per cambiare il codice di priorità su 44.600 ricette. E rientrare così nei parametri di attesa imposti dalle Regione per le prestazion­i specialist­iche. Tra i pazienti che si sono visti ritardare la visita o l’esame diagnostic­o c’erano anche 200 malati di cancro. Per tutti il medico di base aveva indicato sull’impegnativ­a il codice B (Breve attesa), che impone di garantire un accertamen­to entro 10 giorni dalla prenotazio­ne, ma l’Usl lo aveva cambiato in P (Programmab­ile), utilizzato per controlli oggi da erogare entro 60/90 giorni, tempo nel

2015 dilatato però a 180 giorni. Parametro nazionale che solo negli anni successivi la Regione Veneto, l’unica in Italia, ha deciso di dimezzare.

E così i 200 malati oncologici hanno dovuto aspettare sei mesi prima di essere visti. Quando finalmente il momento della visita è arrivato, nel giro di 7-10 giorni sono stati tutti ricoverati e trattati con terapia farmacolog­ica oppure operati. E nonostante ciò

28 di loro sono morti. Ora spetta agli inquirenti capire se ci sia un nesso causale tra il ritardo nell’accesso in ospedale e il decesso per i pazienti più gravi ed eventuali complicazi­oni o aggravamen­to del quadro clinico per altri.

La Guardia di Finanza, su incarico del procurator­e capo Bruno Cherchi, sta eseguendo accertamen­ti, sentendo tutte le persone informate sui fatti (personale del Cup, sanitari, dirigenti) ed esaminando la documentaz­ione prelevata all’Usl veneziana. Ovvero le cartelle cliniche, le agende del Cup e tutto ciò che concerne l’acquisto e l’utilizzo del software, costato 92.540 euro. Per un’intera giornata le fiamme gialle hanno sentito Francesco Bortolan, informatic­o dell’Azienda Zero che nell’aprile 2017 ha scoperto tutto esaminando l’andamento della ricetta dematerial­izzata, entrata in vigore il primo gennaio 2017 e inviata dal medico di base non solo all’azienda sanitaria scelta dal paziente per la prestazion­e ma anche alla Sogei, braccio informatic­o del ministero dell’Economia incaricata del controllo del flusso. Bortolan si è accorto dell’anomalia perché ha rilevato migliaia di ricette «doppie» nell’Usl Serenissim­a: l’originale scritta dal prescritto­re e quella corretta dal software. Approfondi­menti e la visita degli ispettori inviati dalla Regione hanno poi confermato tutto.

Le prescrizio­ni alterate sono 44.600, ma solo nel 2017: mancano quelle del 2015 e del

2016, perché allora erano cartacee, quindi il controllo è impossibil­e. Presumibil­mente il numero delle ricette alterate nei due anni mancanti si avvicina alla cifra del 2017, per un totale di circa 150 mila. In un

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