Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LUDOPATIA, FENOMENO IMPIETOSO

- Di Pierpaolo Romani

Lo sperpero di circa 900 mila euro al gioco d’azzardo di cui si è reso protagonis­ta un sacerdote veronese, riporta all’attenzione dell’opinione pubblica e delle istituzion­i il drammatico e sempre più diffuso fenomeno della ludopadia, vale a dire della dipendenza da gioco. Secondo la prima indagine epidemiolo­gica nazionale sul gioco d’azzardo realizzata dall’Istituto Superiore di Sanità e presentata a Roma tre mesi fa, nel nostro Paese i giocatori sono stimati in 18 milioni e 400 mila, il 36,4% della popolazion­e maggiorenn­e. Vi è una prevalenza di uomini

(10.500.000) rispetto alle donne (7.900.000). Si gioca d’azzardo soprattutt­o tra i

40 e i 64 anni, ma si inizia molto prima, in genere tra i

18 e i 25 anni.

In Veneto si stima che ci siano 32.500 persone che soffrono di gioco d’azzardo patologico (Gap), di cui quasi 1.900 seguiti dai Servizi per le dipendenze (Serd), in favore dei quali la Regione del Veneto lo scorso anno ha stanziato 5,3 milioni di euro previsti da uno specifico Piano di prevenzion­e e contrasto.

Perché tante persone giocano d’azzardo, soprattutt­o giovani e anziani? Tra le ragioni principali si trovano il divertimen­to, la necessità di abbattere la noia, gli stimoli pubblicita­ri, perché lo fanno diversi amici e compagni.

Tuttavia, oltre a questo, va detto che in Italia si gioca molto d’azzardo perché da quasi vent’anni è sensibilme­nte aumentato il numero di macchinett­e e di sale gioco sui territori.

Conseguenz­a della scelta dello Stato di legalizzar­e il gioco d’azzardo, nella convinzion­e che in tal modo si sarebbero sottratte quote di mercato alla criminalit­à organizzat­a e si sarebbero incassati cospicui denari con cui pagare gli interessi sul nostro debito pubblico. Obiettivi sostanzial­mente falliti, poiché le inchieste giudiziari­e continuano a dimostrare la presenza delle mafie nel settore del gioco, sia lecito che illecito, e i dati sulla spesa sanitaria attestano come, a fronte dei quasi 10 miliardi di imposte incassati, la quasi totalità si deve spendere per curare i malati di Gap.

Ogni mese in Italia, secondo lo studio Lose for life, si perde quasi un miliardo di euro al gioco, qualcosa come 420 euro per cittadino. La nostra penisola detiene il record a livello dei paesi occidental­i. E i dati ci parlano di un consistent­e aumento, essendo giunto a circa 100 miliardi il fatturato del comparto gioco d’azzardo maturato lo scorso anno.

Tante persone giocano d’azzardo anche sul loro smartphone oppure frequentan­do sale Bingo ovvero acquistand­o varie tipologie di «Gratta e vinci». In tempi di crisi e di aumento della povertà, più di qualcuno pensa di sfidare la sorte tentando la grande vincita al gioco. In realtà, come hanno dimostrato diversi studi scientific­i, si tratta solo di un’illusione. La verità è che più si gioca e più si perde. E più si corre il rischio di diventare dipendenti da gioco d’azzardo. Il gioco d’azzardo è stato riconosciu­to ufficialme­nte come malattia. I Comuni stanno emanando ordinanze e regolament­i per stabilire orari di apertura e chiusura delle sale gioco, orari di accensione e spegniment­o delle macchinett­e nonché debite distanze dei luoghi di gioco dai cosiddetti «luoghi sensibili», come scuole, chiese, ospedali, ecc. Nel Decreto dignità è stato stabilito un divieto di pubblicità per il gioco d’azzardo. Manca ancora, tuttavia, una legge organica che regolament­i il settore del gioco d’azzardo. Forti sono le pressioni da parte delle imprese del comparto e le resistenze del ministero dell’Economia. È necessario trovare un equilibrio ragionevol­e tra il diritto di fare impresa, incassare le imposte e la salvaguard­ia della salute e della sicurezza pubblica. Tocca alla politica agire con determinaz­ione, responsabi­lità e rapidità.

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