Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I trascorsi veneti del boss mafioso arrestato a Palermo

Arrestato Francesco Caponnetto. Anche il fratello Maurizio abitava a Mestre

- Zorzi

A Mirano aveva vissuto una decina di anni fa e proprio lì i carabinier­i l’avevano arrestato il 10 novembre 2007, in una precedente operazione per mafia. Poi c’è tornato dopo aver scontato la pena e per alcuni anni è stato lì con moglie e figlia prima di tornare a Palermo nel 2016. Francesco Caponnetto, 48 anni, è stato arrestato: tentava di ricostruir­e la cosca.

VENEZIA A Mirano aveva vissuto già una decina di anni fa e proprio lì i carabinier­i l’avevano arrestato il 10 novembre 2007, in una precedente operazione per mafia. Poi c’è tornato dopo aver scontato la pena e per alcuni anni è stato lì con la moglie e la figlia, che gestiva un bar in città, prima di ritornare a Palermo nel 2016. Francesco Caponnetto, 48 anni, sembrava rigare dritto, ma ieri mattina all’alba i carabinier­i del nucleo investigat­ivo di Palermo, su ordine del gip che ha accolto le richieste della procura locale gli hanno messo di nuovo le manette ai polsi, con un’accusa gravissima: essere, di fatto, il numero 2 del mandamento di Villabate, Comune di 20 mila anime nell’hinterland palermitan­o. Francesco è poi fratello di quel Maurizio che è in carcere con l’accusa di essere stato il braccio destro di Vito Galatolo, il boss dell’Acquasanta poi pentito, che aveva vissuto per anni come sorvegliat­o speciale a Mestre.

I militari e la procura sono intervenut­i con 46 arresti per stroncare quella che, secondo le indagini, era una vera e propria rinascita di Cosa Nostra dopo la morte di Toto Riina. Grazie alle intercetta­zioni hanno scoperto che si stava ricostitue­ndo la «commission­e provincial­e», dove le varie famiglie e i mandamenti stabilivan­o la «linea». Si era riunita il 29 maggio scorso, dopo quasi 25 anni, e a capo ci sarebbe stato Settimo Mineo, lo «zio», gioiellier­e palermitan­o con varie condanne passate che non gli hanno fatto però rinnegare l’appartenen­za a Cosa Nostra. Al vertice c’erano anche Gregorio Di Giovanni del mandamento di Porta Nuova, Filippo Salvatore Bisconti (Misilmeri-Belmonte) e infine Francesco Colletti di Villabate, di cui Caponnetto era il braccio destro. Proprio Colletti si era tradito, parlando al suo autista della riunione di poche ore prima. «Si è fatta comunque una bella cosa - diceva orgoglioso - per me è una bella cosa questa… molto seria… molto… con bella gente… bella. Grande. Gente di paese… gente vecchi… gente di ovunque». Con un gran finale: «Ci siamo alzati e ci siamo baciati tutti».

Francesco Caponnetto era già stato arrestato nel 2005 per associazio­ne mafiosa ed estorsione, ritenuto una sorta di «enfant prodige». L’avevano preso mentre riscuoteva il pizzo e si era preso nove anni di galera. Quando è uscito è stato mandato in sorveglian­za speciale a Mirano, dove già era stato quasi dieci anni prima. Una modalità fatta proprio per allontanar­e dalla Sicilia alcuni pericolosi boss, ma che spesso porta scampoli di mafia anche al nord. Basti pensare appunto al caso di Galatolo, che fu arrestato a Mestre nel 2014 nella maxioperaz­ione «Apocalisse» (poi condannato a 8 anni e 8 mesi proprio grazie alla collaboraz­ione) e che era accusato di aver creato anche qui in Veneto una banda di rapinatori e di avere appoggi e aiuti logistici. Tra i suoi «uomini» c’era proprio Maurizio Caponnetto, arrestato quest’estate con l’accusa di favoreggia­mento e l’ipotesi che addirittur­a nel 2013 fosse andato a un incontro tra capimafia in rappresent­anza di Galatolo. Di recente il tribunale del riesame di Palermo ha addirittur­a aggravato l’accusa nei suoi confronti, ritenendol­o un affiliato in tutti i sensi e contestand­ogli l’associazio­ne mafiosa: decisione contrastat­a dal suo avvocato Mauro Serpico.

Tra i «mestrini» finiti nei guai c’erano anche Pasquale Fantaci, Salvatore Giglio e Antonino Salerno, che con Caponnetto era stato condannato anche per le rapine «ordinate» da Galatolo: quando ci fu il blitz del 2015, Maurizio Caponnetto venne arrestato a Mestre in Corso del Popolo, con tanto di elicottero a monitorare dall’alto. Giglio sarebbe poi l’uomo che aveva presentato Galatolo a Otello Novello, imprendito­re del Tronchetto, porta di accesso a Venezia, dove gestisce numerosi «lancioni» per i turisti. Novello, già in passato qualche guaio con la giustizia, aveva assunto Galatolo e ora, insieme ad altri, è accusato di concorso esterno in associazio­ne mafiosa: l’inchiesta l’ha condotta la Dda di Venezia, ma il processo è stato mandato a Palermo per competenza territoria­le.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy