Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Moldavo morto, indagato il suo datore di lavoro
La vittima è un moldavo che abitava a Santa Giustina. Indagato il bellunese che l’aveva ingaggiato «in nero»
BELLUNO Un imprenditore bellunese avrebbe spostato il corpo senza vita del proprio operaio, Vitali Mardari (a sinistra) vittima di un incidente mentre lavorava, per evitare guai: non aveva contratto.
BELLUNO Ha spostato il cadavere di oltre 600 metri dal luogo dell’incidente. Poi l’ha gettato in una scarpata e ci ha appoggiato sopra delle legna per inscenare una morte diversa e confondere gli inquirenti.
È agghiacciante ciò che sarebbe accaduto il 19 novembre quando un escursionista chiamò i soccorsi dicendo di aver trovato nei boschi di Sagron Mis (Trento) il corpo senza vita di un boscaiolo, Vitali Mardari,
28enne moldavo che abitava con la sorella a Santa Giustina nel Bellunese. Già durante il primo sopralluogo effettuato dai carabinieri emergeva qualcosa di stonato: non convincevano le macchie di sangue scoperte nel sedile passeggero dell’auto del giovane, e poi c’era quel berretto di lana della vittima, trovato molto distante dal corpo. Infine l’incompatibilità delle lesioni mortali riportate dal giovane con l’ambiente che lo circondava dove mancavano piante tagliate, rami o sassi che potevano averlo colpito.
Gli inquirenti sono arrivati alla conclusione che l’infortunio mortale si fosse verificato in un luogo diverso e che qualcuno doveva aver spostato il cadavere fino a lì. Hanno scoperto, inoltre, che Mardari era stato ingaggiato in «nero» per la pulizia e la rimozione degli alberi caduti dopo le violenti piogge dall’imprenditore
40enne S.R., titolare di un’azienda boschiva a Rocca Pietore (Belluno). Quella mattina, insieme ad altri operai, il giovane si era recato in un cantiere boschivo di Sagron Mis e durante il montaggio di una teleferica, un cavo si è spezzato colpendolo in pieno e uccidendolo.
Secondo gli investigatori, l’imprenditore ha cercato di confondere le indagini: ha caricato il corpo sull’auto della vittima e, aiutato da una seconda persona, l’ha trasportato 600 metri più avanti, vicino a una scarpata. Lì l’ha scaricato, coprendolo con della legna. Poi ha chiamato una guardia boschiva raccontando di essersi imbattuto nel corpo esanime di uno sconosciuto.
A completamento delle atti- vità di polizia giudiziaria sono in corso verifiche serrate degli ispettori trentini dell’Uopsal (Unità operativa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) per accertare le violazioni in materia di sicurezza sul lavoro. S.R. è stato denunciato per omicidio colposo, frode processuale e violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro. Al momento non sono stati adottati provvedimenti restrittivi nei suoi confronti e non ci sono accuse a carico dell’operaio che l’avrebbe aiutato.
Ma la difesa dell’uomo, sostenuta dagli avvocati Simone Valenti e Olimpia Frapiccini di Recanati, racconta un’altra verità. Mardari non sarebbe stato dipendente dell’imprenditore bellunese, né tanto meno impiegato in «nero» e soprattutto non avrebbe dovuto trovarsi in quel punto. L’impresa aveva infatti dato in subappalto i lavori di rimozione di parte del legname a una ditta agricola boschiva per la quale Mardari lavorava, «non come dipendente ma come familiare». Sempre secondo la difesa, Mardari avrebbe avuto il compito di rimuovere lo zoccolo degli alberi tagliati e non si sarebbe dovuto avvicinare alla teleferica. L’imprenditore S.R. ha inoltre negato di aver spostato il corpo del giovane e ha spiegato di non averlo mai visto. Sarà compito della procura far luce su quello che i sindacati definiscono un «atto disumano».