Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Omicidio-suicidio intervengono i Ris
I reperti trovati ad Asiago saranno inviati a Parma. Eseguite le autopsie sulle 3 salme
ASIAGO Su quanto trovato nella casa dell’orrore di Asiago, indagheranno anche i Ris di Parma. Al nucleo di investigazioni scientifiche, i carabinieri di Vicenza affideranno tutti gli elementi raccolti nell’abitazione di località Pennar dove, lunedì pomeriggio, sono stati trovati morti Italo Marzaro, la moglie Ubaldina (85 e 83 anni) e la figlia Silvia Marzaro (43 anni) che li avrebbe uccisi. Intanto in queste ore è in corso l’autopsia di tutte e tre le salme.
ASIAGO (VICENZA) Su quanto trovato nella casa dell’orrore di Asiago, quella dove sono stati rinvenuti morti due coniugi anziani e la figlia sospettata di averli uccisi, indagheranno anche i Ris di Parma.
Al reparto per le indagini scientifiche, i carabinieri del reparto investigativo di Vicenza affideranno tutti gli elementi raccolti nell’abitazione di contrada Pennar nella quale, lunedì pomeriggio, sono stati trovati Italo Marzaro e la moglie Ubaldina (85 e 83 anni) con la figlia Silvia Marzaro (43 anni). Intanto ieri è stata eseguita l’autopsia sulle tre salme: mentre la 43enne si è verosimilmente strangolata da sola con due lacci da accappatoio, il medico legale dovrà dare una risposta sulle modalità che hanno portato alla morte dei genitori, forse avvelenati da un cocktail di farmaci o soffocati nel sonno dalla figlia. Occorrerà quindi attendere il risultato dei test tossicologici.
I Marzaro, famiglia originaria di Mirano, nel Veneziano, si erano trasferiti sull’altopiano vicentino otto mesi fa. Nella casa, chiusa dall’interno, ad attendere i carabinieri c’era una scena da incubo: Italo e Ubaldina erano nella loro camera nel letto matrimoniale «con le coperte accuratamente rimboccate, come se dormissero» racconterà un testimone – mentre la figlia era a terra in un corridoio adiacente con un cordone di due lacci da accappatoio, legati sul davanti del collo a strangolarla. Aveva anche una ferita alla testa, ritenuta poi dal medico legale compatibile con l’impatto contro uno stipite quando la donna era caduta a causa dello stordimento. I militari hanno analizzato la scena raccogliendo più elementi, tra cui altri due lacci in un sacchetto e due fogli scritti a stampatello. Biglietti con parole dal tono inconfondibile: «Maledetti» la scritta nel primo, «La pagherete, Dio vi giudicherà» nel secondo.
Sul caso indaga il reparto investigativo di Vicenza. Gli uomini del tenente colonnello Giuseppe Bertoli affideranno gli elementi raccolti ai Ris di Parma. Verrà eseguita anche una perizia grafologica, anche se gli investigatori fanno presente che non è confermato un legame diretto fra quelle scritte e quanto accaduto. Una risposta potrà forse darla l’autopsia su tutti e tre i corpi, portati all’obitorio di Vicenza: l’ha iniziata ieri pomeriggio il medico legale Alessandra De Salvia su incarico del sostituto procuratore Hans Roderich Blattner.
Gli investigatori lasciano aperte tutte le ipotesi. Fra quelle ritenute più probabili, nelle ore precedenti l’autopsia, c’era la convinzione che sia stata la figlia a porre fine alle vite dei genitori per poi suicidarsi. Potrebbe averlo fatto con un cocktail letale di farmaci oppure per soffocamento: anche se sui corpi degli anziani non sono stati trovati segni di strangolamento, gli inquirenti non escludono che siano stati uccisi nel sonno con una mano o qualcos’altro davanti alla bocca. Ancora, una delle teorie è che la figlia, domenica, possa aver trovato morto uno dei due genitori e che questo abbia portato al culmine tensioni accumulate da tempo, spingendola a togliere la vita all’altro. Le certezze in merito sono poche: gli investigatori comunque sono ragionevolmente sicuri che la vicenda sia avvenuta senza interventi di terzi. Risposte potranno forse venire dall’esame in corso, che comprenderà anche l’analisi tossicologica: per averne l’esito, però, potrebbero servire settimane.
Intanto, a Mirano si respira ancora lo sgomento per quanto accaduto. Luigi, il fotografo che dal dicembre del 2017 era fidanzato con Silvia, è sotto choc. Lunedì ha dato l’allarme dopo aver tentato inutilmente, per ore, di telefonare alla donna e a Italo. Nel pomeriggio, in auto, ha raggiunto Asiago e, quando nessuno gli ha aperto la porta, ha intuito che poteva essere accaduto qualcosa di grave e ha chiamato i vigili del fuoco. Ora sta tentando faticosamente di recuperare un po’ di serenità e ieri era regolarmente al lavoro, nel suo studio. Ancora non ha la forza di raccontare ciò che ha visto quella sera. «Non me la sento. Quello che ho provato lo so soltanto io, che ho vissuto quei momenti», spiega. Gli occhi lucidi, il pensiero fisso sulla donna che aveva conosciuto per caso, quando lei si era presentata nel suo negozio chiedendo di fare delle fototessere. Da lì era iniziata la loro storia. L’unico uomo che Silvia – che tutti descrivono come estremamente schiva, riservata e senza amici – aveva fatto entrare nel suo cuore. «Non mi resta nulla – ammette - neppure una sua immagine: Silvia non si lasciava fotografare…».