Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Banco Bpm, «rosso» da 60 milioni Castagna: «Cedola, vediamo il 2019»

Bilancio 2018: spread, Carige e diamanti costano cari. Corrono raccolta e impieghi

- Federico Nicoletti

VERONA Banco Bpm, le pulizie straordina­rie, con la cessione di 13,6 miliardi di euro tra sofferenze e crediti deteriorat­i, alla fine si traducono in un

2018 che torna in perdita per

59 milioni. L’amara sorpresa finale è arrivata ieri sera, al termine del cda del terzo gruppo bancario riunito a Verona per approvare il bilancio

2018, che sarà portato ai soci nell’assemblea del 6 aprile, che torna a riunirsi a Verona. È l’impatto sul conto economico dell’operazione straordina­ria di riduzione del rischio di Banco Bpm andata avanti nel

2018, il doppio in quantità rispetto alle previsioni dei piani originari della nuova banca, grazie alle due operazioni Exodus ed Ace, che hanno ceduto rispettiva­mente 5,1 e 7,4 miliardi di euro di crediti nominali. Il risultato è stato di far scendere il portafogli­o di crediti non performing da 18 a

11,8 miliardi di valore lordo,

6,7 in termini netti, migliorand­o radicalmen­te la qualità di Banco Bpm, che si trova ora con 18 miliardi di crediti deteriorat­i in meno, il 60% in meno rispetto a tre anni fa, alla partenza della nuova banca. Rispetto ad allora l’incidenza sui crediti dei deteriorat­i netti è caduta dal 14,7% al 6,5% e delle sofferenze dal 7,1% all’1,5%.

Ma l’accelerazi­one ha comportato anche un aumento delle perdite aggiuntive sui crediti per 714 milioni di euro, portando il conto a 1.941 milioni. Risultato finale: un quarto trimestre con perdite a conto economico per 583 milioni, che hanno portato la chiusura del bilancio 2018 in negativo per 60 milioni. Ma ora, dopo le pulizie straordina­rie, «siamo pronti a tornare sulla strada di generare un profitto sostenibil­e», ha sostenuto davanti agli analisti l’amministra­tore delegato Giuseppe Castagna. Anche grazie alla ripartenza di una banca pulita dalle scorie sui crediti, che genera una consistent­e riduzione del costo del credito. Non solo. Saltato con il 2018 la possibilit­à di conseguire un bilancio in utile e di ottenere quel dividendo già previsto dal piano industrial­e di fusione tra Banco e Bpm, Castagna ha fatto espresso riferiment­o al dividendo per l’esercizio in corso. Pur se ha messo le mani avanti rispetto al peggiorame­nto del quadro economico e alla formulazio­ne in corso di un nuovo piano industrial­e: «Abbiamo in previsione il dividendo per il

2019 - ha affermato il manager -. Ora stiamo lavorando sul nuovo scenario e vedremo nei prossimi mesi se riusciremo a produrre i guadagni che ci aspettiamo. Saremo più chiari anche su questo. Non prendiamo in consideraz­ione fusioni e ci aspettiamo invece un buon

2019 da soli». Castagna è tornato invece a rivendicar­e il valore del lavoro di drastica riduzione sui crediti deteriorat­i. «Abbiamo chiuso la distanza dai nostri concorrent­i - ha affermato - e lo abbiamo fatto con le nostre capacità interne e con operazioni di generazion­e di capitale, senza chiederne di nuovo agli azionisti». In effetti le operazioni di vendita e riassetto delle società operative e assicurati­ve e l’andamento operativo hanno permesso di recuperare capitale per 1,9 miliardi, buono per neutralizz­are gli effetti negativi dell’operazione di messa in sicurezza e della crisi dello spread sui titoli di Stato italiani, costata a un certo punto una riduzione del patrimonio di vigilanza di 500 milioni. Così la dotazione patrimonia­le, in termini di Cet 1 fully loaded, resta stabile a un comodo 11,5%.

La messa in sicurezza non è stata per altro l’unico problema affrontato nel 2018. Proprio di fronte alla crisi dello spread Banco Bpm ha dovuto alleggerir­e i titoli italiani in portafogli­o per 3 miliardi nel 2018, scendendo da 20,7 a 17,7 miliardi. Senza contare la questione dei diamanti da investimen­to, che ha visto Banco Bpm tra gli istituti esposti con i propri clienti ai reclami rispetto all’attività della fallita Intermarke­t Diamond Business spa; è proprio il fronte dei diamanti, insieme agli oneri per la chiusura di 518 filiali, a rappresent­are la voce di maggior rilievo entro i 345 milioni accantonat­i a fondo rischi, di fronte ai pericoli di cause.

Restano in compenso da registrare alcune voci operative particolar­mente significat­ive. Da un lato l’aumento dei crediti in bonis da 87 a 90 miliardi, sul totale dei 104 complessiv­i. In più conti correnti e depositi a vista saliti del 6% da 74,4 a 78,7 miliardi, sui 101 miliardi di raccolta diretta totale. E il margine di interesse in crescita dell’1%, da 2.054 a 2.078 milioni.

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