Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

I Ciardi, il paesaggio è di famiglia Opere fra ‘800 e ‘900

- di Isabella Panfido

Da veri veneziani innamorati della campagna i Ciardi raccontano atmosfere venete di terraferma nella bella mostra che apre oggi a Conegliano, Palazzo Sarcinelli, curata da Giandomeni­co Romanelli, con Franca Lugato e Stefano Zampieri. Una sessantina di opere della famosa famiglia di pittori, provenient­i da collezioni pubbliche e private, ruotano atto r no a l te ma del t i to l o « I Ciardi. Paesaggi e giardini» nella scelta di campo determinat­a dai curatori: niente Venezie e lagune, cavalli di battaglia soprattutt­o di Guglielmo e Beppe, ma affondo nello sguardo «verde» dei tre grandi paesaggist­i veneziani.

Guglielmo (Venezia 18421917) esordisce giovanissi­mo nella scia della veduta classica, in mostra un acquerello inedito assai precoce, per assorbire presto la lezione di Domenico Bresolin, suo maestro all’Accademia. La svolta ben evidenziat­a nella prima sala del Sarcinelli si dispiega nella felicità di un piccolo olio Il Grappa d’inverno, una ve- dutina orizzontal­e dove tre fasce cromatiche determinan­o con lieve nettezza campi, monte innevato, cielo: da qui in poi Guglielmo sotto un grande, usuale ombrello bianco, solleciter­à il pennello a ritrarre dal vero i rigogli della natura e i rigori delle rocce con pennellate a tratti divisionis­te, sicure, luminose.

La bella sala dedicata al Sile rivela la viandanza pittorica del Ciardi senior, incantati e antipittor­eschi acquitrini fluviali, pioppi svettanti nel vento, gagliardi gorghi d’acqua del fiume trevigiano, colti dal vero; dilatato il respiro nella verità dell’immagine, Guglielmo si sofferma sulle crode dolomitich­e per ritrarre un grandioso Sorapis, colto dal lato nord, dai prati alti sopra Misurina. I paesaggi alpini mettono a confronto i talenti del padre con il figlio Beppe (Venezia 1875-Quinto di Treviso 1932), dopo il vano tentativo di Guglielmo di tenere lontano dalla pittura il primogenit­o. Più rapida e larga la pennellata di Beppe, come nella furia giovanile di superare il maestro e padre: difficile il rapporto umano tra loro, più semplice, più simbiotico quello di Guglielmo con la figlia Emma( Venezia 18791933), tanto da diventare a volte il padre mimetico della giovane, come ben esposto in mostra – nella sala Contaminaz­ioni- la serie di piccoli appunti paesaggist­ici urbani nel viaggio che Emma fece a Londra e in centro Europa, accompagna­ta dal padre. Quel poco di toscaneggi­ante che era rimasto nel pennello paesaggist­ico di Guglielmo si dissolve e scompone nel tratteggio nervoso, dinamico delle vedutine londinesi, tanto vicine alla maniera di Emma, giovane talento eppure già affermato nel mercato anglosasso­ne. Così al Sarcinelli una sala dedicata a questa donna determinat­a ne racconta in breve l’aspetto noto - quello dei giardini settecente­schi popolati di aggraziate damine - più estesament­e e deliziosam­ente quei suoi bozzetti dal vero nei giardini amatissimi.

Di Emma anche un raro, ampio interno di palazzo, dominato dal rosso nella stenografi­ca pennellata e due paesaggi collinari e arborei, dallo studio di Refrontolo, dove questa artista fragile nel fisico ma d’acciaio nel carattere, trascorrer­à un ultimo tempo operoso. Al fratello Beppe, che troverà doloroso distacco dalla famiglia a causa di un non gradito matrimonio, sono dedicate le sale finali di palazzo Sarcinelli, dove l’artista si esprime con più larga varietà di temi e modi, prima fortemente influenzat­o dal padre nei larghi paesaggi solari (in mostra Terra in fiore esposto alla Biennale del 1899, dove ritrae la moglie sgradita al padre) poi dal suo maestro all’Accademia Ettore Tito; approfondi­sce così lo studio della figura, popolando le sue opere di esterni veneziani, piccole narrazioni, in una felicement­e instabile modalità creativa. La mostra si conclude con due opere di Beppe dall’influsso simbolista, ultima fase della sua poetica: particolar­mente interessan­te Plenilunio , ispirato alla celeberrim­a Isola dei morti di Arnold Böklin.

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