Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Emma, paziente-studiosa «Voglio una cura per me»

Trevigiana, iscritta a Biologia a Trento. E fa anche raccolta fondi

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La malattia si chiama atassia di Friedreich e comporta una progressiv­a perdita del coordiname­nto muscolare. Emma, 21 anni ( a sinistra in foto), finanzia la ricerca con un’associazio­ne. Lei stessa studia biologia, a caccia di una cura.

« Ho saCARBONER­A (TREVISO) puto di essere malata a dodici anni, ma già a otto sentivo che c’era qualcosa che non andava. I pediatri, all’inizio, non mi prendevano sul serio. Dicevano che ero fatta così...». Nessun rancore verso i medici di quand’era bambina. La voce di Emma racconta una doppia «assoluzion­e». C’è quella del cuore; la senti dal tono, dalla leggerezza. Poi c’ è l’ altra, quella del cervello che conosce il problema da cui è toccato, sa che è raro e arriva a concedere: «È normale che non si vada subito a pensare a questo tipo di causa...».

Atassia diFri ed reich. Si chiama così la malattia di Emma: «É una malattia genetica. É prodotta dalla mutazione di una gene, il cui effetto è una perdita della funzione di coordiname­nto muscolare, che peggiora progressiv­amente, insieme a problemi cardiaci». Passione per la scienza e «il mio interesse diretto», hanno portato Emma Della Libera, 21 anni, trevigiana di Vascon di Carbonera, al Centro di biologia integrata dell’università di Trento, studentess­a al secondo anno del corso di Scienze e tecnologie bi o molecolari. «Mi interessav­a capirci qualcosa, anche per rapportarm­i con i ricercator­i. Ho capito che, anche se mi avessero par- lato di piastrelle, avrei annuito, io come i miei genitori. Volevo esserci a 360 gradi: come paziente, come finanziato­re» e futuro ricercator­e.

Emma, con i suoi genitori, è il motore di un’associazio­ne che finanzia la ricerca sull’atassia: «Ora so fare domande - dice in riferiment­o ai ricercator­i - e sono in gradi di confrontar­mi con loro». Ogni

giorno per Emma, la onlus dei Della Libera, assieme all’associazio­ne Per il sorriso, della genovese Ilaria Montebruno, altra ragazza affetta da atassia di Friedreich, ha raccolto e donato all’ateneo trentino 345 mila euro: sosterrann­o la ricerca di una cura per una malattia tanto grave per quanto rara .« Si stanno battendo molte strade - racconta Emma - ma nessuna ha ancora portato a una cura. Ci sono degli studi in fase uno o due, su animali o cellule... Si sta facendo molto, invece, sulla fisioterap­ia». Grazie alla onlus di questa famiglia trevigiana, in alcune regioni viene distribuit­o gratuitame­nte l’interferon­e gamma: «Ne abbiamo verificato l’effetto positivo sui pazienti di atassia. Tiene sotto controllo l’aspetto cardiologi­co, riduce l’ipertrofia». Il farmaco costa mille euro a scatola; una scatola di interferon­e si svuota in una settimana di trattament­o. Il Veneto è tra le regioni che lo forniscono a chi ne abbia bisogno? «Sì, il Veneto c’è. Molti pazienti lombardi cercano qui il servizio, che la Lombardia non offre».

Su Fa cebo ok, come per molti di noi, c’è qualche spicchio della vita di Emma. Un fidanzato ufficiale... «L’ho co- nosciuto all’università, dopo esser andata a convivere con una compagna di studi... Prima stavo lì con mamma. Una cosa vorrei dirla ». Prego: «Posso essere da sola a Trento grazie al servizio di accompagna­mento per studenti con disabilità offerto dall’ateneo. Gli studenti che fanno le 150 ore collaboraz­ione ti portano a lezione e ti vengono a prendere, ti fanno la spesa, ti aiutano in tutti i modi. Loro mi permettono di stare lì con altri che non siano i miei». Emma domani potrà guidare. Ci spera, eccome: «Ho preso la patente, tra mille peripezie. Il mio problema è trovare un’auto che vada bene. Deve avere dei dispositiv­i appositi e deve poter caricare una carrozzina, coi costi che immagina. Ho preso la patente un anno fa ma da allora non ho più guidato».

L’atassia colpisce una persona ogni 25 mila «ma non c’è un censimento completo. Quella è la stima più attendibil­e. In Italia stiamo parlando di qualche migliaio di pazienti. Io ne conosco centinaia». Per tutti loro, l’ impegno dell’ associazio­ne significa speranza .« Abbiamo fatto questa colletta per iniziare un percorso di ricerca. Forse tra due anni inizierann­o gli studi clini o forse bisognerà ricomincia­re tutto daccapo, chi lo sa». L’importante è muoversi verso una soluzione possibile, una cura. Emma ci crede. Con il cuore e con la mente: «Una formazione specifica sull’atassia nei programmi non c’è, ma abbiamo studiato un intero capitolo dedicato a malattie degenerati­ve simili. Lì ho capito tante cose, ho letto tanti articoli ...». Tempo al tempo.

” Capirci qualcosa

Mi interessav­a capirci qualcosa, anche per rapportare ai ricercator­i Ora so fare domande

” I pediatri non capivano

Ho saputo della malattia a 12 anni. A otto sentivo che qualcosa non andava, i pediatri non mi credevano

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In ateneo Emma Della Libera ha raccontato ieri la sua storia a Trento

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