Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Scelta radicale oltre il genere

- di Giovanni Viafora

La scelta di monsignor Claudio Cipolla di affidare alle mani di Vanna Ceretta i beni della Diocesi di Padova è senza dubbio rivoluzion­aria. Anzi, si direbbe quasi liberatori­a. In tutti i sensi: perché libera finalmente la gestione del patrimonio della Diocesi da anni di retrobotte­ga curiale, chiuso e mediocre (quello che aveva portato in passato a investire in società all’estero o a partecipar­e ad imprese commercial­i con politici; nonché a scivolare su bilanci «non veritieri», bocciati dai revisori; oppure a celare parte dell’ingente patrimonio immobiliar­e dietro a scatole cinesi; senza dire delle ingenti perdite); e perché ha quel senso di riconcilia­zione, che è proprio di un vero percorso di conversion­e. Di un cambiament­o di visione di vita, come vuole il sacramento della confession­e. Chi conosce l’agire del vescovo Cipolla sa tuttavia che non si tratta di una sorpresa. La nomina di Ceretta è solo l’acme di un profondo processo di revisione cominciato proprio dall’inizio del suo episcopato, nel 2015, assieme all’ultimo economo don Pipinato, dopo il lunghissim­o «regno» di monsignor Mattiazzo. Un processo all’insegna di «una profonda verifica in ordine all’uso, al senso e al valore dei nostri beni»; che ha portato il vescovo, tra le altre cose, a rendere annualment­e pubblico e noto alla Comunità il bilancio della Diocesi. E certo, non da ultima c’è comunque la questione di genere, della scelta di una donna, anche questa coraggiosa che molto evoca una vecchia esortazion­e di Papa Francesco. Che diceva: «La Chiesa sia povera per i poveri, madre e non imprenditr­ice».

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