Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Scelta radicale oltre il genere
La scelta di monsignor Claudio Cipolla di affidare alle mani di Vanna Ceretta i beni della Diocesi di Padova è senza dubbio rivoluzionaria. Anzi, si direbbe quasi liberatoria. In tutti i sensi: perché libera finalmente la gestione del patrimonio della Diocesi da anni di retrobottega curiale, chiuso e mediocre (quello che aveva portato in passato a investire in società all’estero o a partecipare ad imprese commerciali con politici; nonché a scivolare su bilanci «non veritieri», bocciati dai revisori; oppure a celare parte dell’ingente patrimonio immobiliare dietro a scatole cinesi; senza dire delle ingenti perdite); e perché ha quel senso di riconciliazione, che è proprio di un vero percorso di conversione. Di un cambiamento di visione di vita, come vuole il sacramento della confessione. Chi conosce l’agire del vescovo Cipolla sa tuttavia che non si tratta di una sorpresa. La nomina di Ceretta è solo l’acme di un profondo processo di revisione cominciato proprio dall’inizio del suo episcopato, nel 2015, assieme all’ultimo economo don Pipinato, dopo il lunghissimo «regno» di monsignor Mattiazzo. Un processo all’insegna di «una profonda verifica in ordine all’uso, al senso e al valore dei nostri beni»; che ha portato il vescovo, tra le altre cose, a rendere annualmente pubblico e noto alla Comunità il bilancio della Diocesi. E certo, non da ultima c’è comunque la questione di genere, della scelta di una donna, anche questa coraggiosa che molto evoca una vecchia esortazione di Papa Francesco. Che diceva: «La Chiesa sia povera per i poveri, madre e non imprenditrice».