Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

LE «BOLLE» DI MARINOT ISOLA DI SAN GIORGIO, OPERE DAL 1911 AL 1934 UNA RISCOPERTA DEL MAESTRO FRANCESE

Le Stanze del Vetro Il nuovo capitolo del progetto di Fondazione Cini e Pentagram Stiftung Lo stile «carnoso» di uno sperimenta­tore con la passione dell’artigiano

- Vasi, calici, bottiglie: la materia sembra prendere vita sotto il suo tocco Veronica Tuzii

«Vedo le mille bolle blu, e vanno leggere, si rincorrono» citando il successo di Mina. Sono vetri effervesce­nti, dalle mille bolle colorate, addomestic­ate e intrappola­te con originalit­à e maestria. Bulles d’aria sospese nello spessore, racchiuse in materici vasi e manufatti dall’aspetto scultoreo, che portano i segni di un corpo a corpo con la materia, domata e tradotta in forme dalle linee essenziali, precorrend­o le soluzioni di Carlo Scarpa.

Sull’Isola di San Giorgio Maggiore a Venezia, arrivano le creazioni dell’artista-vetraio che ha inventato un nuovo tipo di vetro, spesso, pesante, fisico e come egli stesso lo definì «carnoso», sensuale, attraverso innovative tecniche di lavorazion­e ricalcate poi nei decenni a venire. Aperta fino al 28 luglio, la mostra «Maurice Marinot. Il vetro,

1911-1934», a cura di Jean-Luc Olivié e Cristina Beltrami, è il nuovo intrigante capitolo de «Le Stanze del Vetro», progetto pluriennal­e di Fondazione Giorgio Cini e Pentagram Stiftung. «Si tratta – sottolinea­no i curatori - del primo tributo internazio­nale a questo grande artigiano del vetro, instancabi­le sperimenta­tore».

Realizzata in collaboraz­ione col Museo di Arti Decorative di Parigi, la rassegna presenta 220 opere in vetro - pezzi unici provenient­i da 17 musei europei e statuniten­si - e

105 disegni (un cabinet per dare spazio al ragionamen­to sulle forme portato avanti dal maestro francese nel corso degli anni), «a raccontare l’estetica di quella rivoluzion­e del gusto compiuta da Marinot, che ha posto le basi del vetro contempora­neo», spie

ga il Segretario Generale della Cini Pasquale Gagliardi. Dopo una formazione parigina, Maurice Marinot (1882-1960) inizia la sua avventura artistica come pittore fauve, esponendo sovente col gruppo. Ma poi, nel 1911, «inciampa» nel vetro ed è subito amore. Comincia a decorare a smalto alcuni oggetti prodotti dalla vetreria industrial­e di amici a Bar-sur-Seine, nella regione dell’Aube.

Sono le prime prove di un film inedito, i suoi lavori appaiono immediatam­ente distanti da modelli precedenti poiché i motivi decorativi scelti dialogavan­o con eventuali anomalie della materia. Prende parte al Salon del 1912 e dall’anno seguente inizia ad essere rappresent­ato dalla prestigios­a Galleria Hébrard. È la consacrazi­one internazio­nale. Le otto stanze dell’esposizion­e veneziana mettono in mostra tutta «la radicalità germinale delle creazioni di Marinot, bombe di energia sempre in anticipo sui tempi», marca Luca Massimo Barbero, direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte della Cini. I germi dell’Art déco sono già nella naïveté fresca degli smalti del 1911-12, che accolgono i visitatori nella prima sala: ecco i due grandi vasi a coperchio con finissime decorazion­i sui toni del blu realizzati per la Maison Cubiste di André Mare, ed una serie di calici e bottiglie ornate di fiori e frutti. La continua sperimenta­zione tecnica determina il passaggio dai lavori iniziali, in cui le superfici erano lisce e le forme armoniche, a opere tagliate profondame­nte o corrose dall’acido.

La materia sembra prendere vita sotto il tocco di Maurice, diventando quasi carne, e i fregi seguono le imprevedib­ili variazioni delle forme, che si semplifica­no e diventano sempre più squadrate. Le superfici dei manufatti si fanno spesse, sembrano pezzi di

ghiaccio scolpiti che diventano espressivi, come nel Vase double masque del 1928, o terra segnata come nel Vase (1927) con inclusioni blu dal Museo di Troyes o nel Flacon méplat mousse ruisselant­e

(1930) che fanno venire in mente l’arte di Burri. Fino a quando le masse conquistan­o il movimento nelle opere che imprigiona­no bolle d’aria trasforman­dole in elementi decorativi.

Fantastica la galleria di flaconi, Marinot ne fa di tutti i colori, cromie davvero particolar­i, a cominciare da quel triangolar­e Flacon méplat

(1925) d’un intenso turchese – scelto come immagine-guida della mostra – dalla insita effervesce­nza. Bottigliet­te verdi e rosa, grigie e dorate, ma siamo sicuri che si tratti di vetri colorati? In realtà tutti i vetri esposti sono trasparent­i, l’effetto colore è dato dall’inclusione di metalli. Colori noncolori, tutta la magia di quel Marinot che - come scrisse nel

1927 Léon Rosenthal – «faceva cantare la materia».

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 ??  ?? Creazioni Alcuni vasi di Maurice Marinot in mostra alla Fondazione Cini (foto Enrico Fiorese)
Creazioni Alcuni vasi di Maurice Marinot in mostra alla Fondazione Cini (foto Enrico Fiorese)

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