Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Rovigo, nella città dei litigi tra il «fantasma Bergamin» e la corsa dei sette candidati
Dal 1994 a oggi mai nessun primo cittadino ha completato i due mandati
ROVIGO C’è un fantasma che si aggira per Rovigo, in questo maggio di elezioni anticipate. Da qualche tempo non si hanno più notizie di Bergamin Massimo, di anni 55 appena compiuti, ultimo indirizzo conosciuto (fino al 21 febbraio ultimo scorso) piazza Vittorio Emanuele 1, sede municipale. Il sindaco-re, l’uomo solo al comando che, prima di essere mandato a casa per evidente disperazione dalla sua stessa maggioranza, ha governato per 22 giorni il Comune da plenipotenziario assoluto senza un solo assessore al suo fianco, si è come smaterializzato. «Confermo, è sparito dalla circolazione - sorride Piero Colombo, il capo della Cgil locale -, salvo per quell’unica carica pubblica che gli è rimasta, la vicepresidenza di Acquevenete». Qualcosa bisogna pur fare, nella vita.
La vicenda di Bergamin, pur nella sua straordinarietà – un sindaco che licenzia in tronco tutti e otto i suoi assessori, senza sostituirli, rimane un’esclusiva nazionale - è comunque rivelatrice del morbo altamente infettivo che ha covato in questi anni sotto l’aspetto pacioso e sin troppo tranquillo di questa piccola città della provincia veneta: un morbo chiamato litigiosità. Dal 1994, l’anno della prima elezione diretta, a Rovigo non c’è stato un solo sindaco che sia riuscito a completare i due, fatidici mandati consentiti dalla legge elettorale. Quello che ci è andato più vicino è stato Fabio Baratella, figlio della tradizione di sinistra di questa terra spesso catalogata come «rossa» rispetto al resto del Veneto. Ma anche Baratella, a metà del secondo giro, è stato accompagnato alla porta, nella prima di una ricca serie di congiure di palazzo. Caduti prima del traguardo Bruno Piva (centrodestra) e il pluricitato Bergamin (Lega), azzoppati al termine del primo quinquennio Paolo Avezzù (Casa delle libertà) e Fausto Merchiori (L’Unione). Come si vede, non è questione di schieramenti: il morbo ha colpito indifferentemente a destra come a sinistra. Proprio Merchiori, che oggi si tiene saggiamente lontano dalla contesa politica ed elettorale, prova a dare una spiegazione del fenomeno, attingendo alla sua vasta esperienza diretta: «Ad eccezione del mio mandato, durante il quale posso dire che tutti e otto i pezzi della coalizione si sono rispettati a vicenda e hanno condiviso gli obiettivi, prima e dopo del sottoscritto le varie coalizioni sono state fortemente personalizzate sulla figura del sindaco, a scapito della coesione di squadra. In più - aggiunge Merchiori non c’è stato il necessario coordinamento da parte dei protagonisti più esperti, che sono decisamente mancati al loro ruolo». Anche senza far nomi, chi ha buone orecchie può intendere.
Sostiene Merchiori che, quanto meno, in questa campagna elettorale il rispetto tra i contendenti nella sostanza non è mai mancato. Segno che l’infezione da litigiosità sta uscendo dalla sua fase acuta? Può darsi, anche se l’affollamento di candidati segnala ancora un’inveterata tendenza a dividersi: sette aspiranti sindaci (e 17 simboli, con quasi 500 persone in lista per un posto da consigliere) in una città di 51 mila abitanti, sono oggettivamente un’enormità.
L’aspetto più intrigante è che gli attori principali sono quasi tutti nuovi della scena. I soli ad avere un curriculum amministrativo sono Silvia Menon, la commercialista senza partito che già nel 2015 sfiorò l’impresa di andare al ballottaggio (ed è forte di una lunga esperienza all’opposizione, il che, come si sa, è sempre formativo) ed Ezio Conchi, l’outsider civico di area moderata che fu vicesindaco.
Il centrodestra, tornato infine unito (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e la lista Obiettivo Rovigo dell’ex primo cittadino forzista Paolo Avezzù: ci sono proprio tutti) dopo le vittorie interrotte dei suoi ultimi campioni Piva e Bergamin, ha scoperto la carta Monica Gambardella: profilo neutrale, senza vincoli di militanza, è stata indicata dalla Lega più che altro per affinità elettive, essendo la signora caposervizio territoriale della Protezione civile, un settore pubblico che in Regione fa riferimento all’assessore leghista Gianpaolo Bottacin. Anche il suo principale competitore, l’economista Edoardo Gaffeo, non ha tessere di partito in tasca - anche se ha aderito al Pd fino al 2010 - e più che di politica finora si è occupato, coerentemente con la sua specializzazione, di banche (Cariparo e Intesa) e fondazioni bancarie. A un giovane vigile del fuoco, Mattia Maniezzo, attivista dal 2014, sono affidate le ambizioni dei 5 Stelle. Denominatore comune a tutti i competitori: uomini o donne che siano, seguono il rugby (Maniezzo ha anche praticato). Se così non fosse, a Rovigo sarebbero spacciati in partenza.
Nel mondo di mezzo si trova un po’ di tutto: oltre ai già citati Conchi e Menon, gareggiano anche Antonio Gianni Saccardin, sotto il simbolo identitario di Presenza Cristiana, e Marco Venuto sull’ala destra per Casa Pound.
Chiunque vinca, sa di essere atteso da una rogna al cubo: l’esposizione verso i privati e verso una banca causa fallimento del projet financing per le nuove piscine. Tutti sperano in una transazione o in una decisione più favorevole della magistratura ma, a scanso di equivoci, il commissario straordinario che ha retto il Comune negli ultimi mesi ha messo a bilancio quasi 10 milioni di euro, mica quattro soldi, per sanare la situazione. Problemi finanziari a parte, in città si percepisce chiaramente che, dopo i rovesci delle ultime amministrazioni, i cittadini-elettori chiedono ai prossimi inquilini di Palazzo Nodari uno scatto d’orgoglio: «La questione più forte che sta emergendo – ribadisce Colombo della Cgil – è la necessità che Rovigo riacquisti la dignità di un vero capoluogo: negli ultimi anni è completamente mancato questo ruolo di guida del territorio polesano. Sono prevalse le politiche di orticello e di bassa bottega, le stesse che hanno causato la continua morìa di sindaci». Rafforza il concetto Carlina Valle, referente del Movimento cristiano lavoratori (Mcl), che ha organizzato un affollatissimo dibattito pubblico tra i candidati: «Dalla platea dei cittadini è emersa in modo netto un’esigenza di rilancio della città, sia attraverso alcune opere pubbliche sia recuperando a Rovigo un ruolo di capofila rispetto al suo territorio, in particolare sui temi del lavoro e dell’occupazione. Tutti i candidati hanno assicurato che, una volta eletti, terranno aperto il dialogo con i cittadini: li aspettiamo alla riprova, non ci si può chiedere dentro il palazzo». A volte, basterebbe trarre insegnamento dagli errori del (recente) passato.
” Fausto Marchiori Ad eccezione del mio mandato, le varie coalizioni sono state fortemente personalizzate sulla figura del sindaco