Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Il mistero dell’olmo Radici, ricordi e verità nel romanzo di Villalta
Il nuovo libro di Gian Mario Villalta indaga a ritroso l’infanzia i legami famigliari, i silenzi e i segreti di una comunità della campagna friulana. L’albero distrutto da un rogo (reale?) come metafora dell’età adulta
C’è un olmo grande, gigantesco, che divide in due la campagna friulana. Separa i confini di proprietà, svetta nel cielo. Poi un rogo, fiamme che crepitano, rami che si accartocciano, il tronco annerito. E il grande olmo non esiste più.
Ma cos’è accaduto veramente? C’è stato quell’incendio? Il colpevole è il proprietario dei campi confinanti? Si snoda alla ricerca della verità e del significato dei ricordi di bambino, il nuovo libro di Gian Mario Villalta L’olmo grande (Aboca). Quell’olmo che rappresenta la forza, le radici, il padre, «la felicità di una chioma folta e splendente nel sole», ma anche «la tristezza dei rami spogli e contorti in un giorno d’inverno», diventa l’orizzonte (perduto) che ossessiona lo scrittore. Alla ricerca della verità, in quel passaggio dall’infanzia all’età adulta, già indagato da Villalta in Bestia da latte (Sem editore), che torna a tormentare l’autore, sebbene sembrasse tutto compiuto con il precedente romanzo.
È una fantasia di chi scrive quel rogo crepitante che si è portato via il grande albero?
Sembra di sì. Testimoni di ciò che fu smentiscono le fiamme e la vendetta del vicino. Inizia così il vagare nei ricordi e nella memoria per capire. Da quelle radici che rappresentano il bisogno di radicamento dello scrittore, ma soprattutto la forte volontà del ragazzino Villalta di lasciare la campagna, in cui si sentiva «prigioniero della famiglia e dell’ambiente, con la sua vischiosa trama affettiva». «L’olmo voleva ricordarmi che avevo radici? O assicurarsi che le radici non si perdono?». Ogni verità è uno sradicamento, una perdita, dice lo scrittore, «per guardare le radici bisogna strappare la pianta dal suolo». Ogni verità è una parte di conoscenza e una parte di perdita. In questa ricerca i
ricordi affiorano, feroci, come già in Bestia da latte.La beffa crudele da parte degli adulti patita a 8 anni nel giorno di festa (e di mattanza) in cui si uccideva il maiale, brucia ancora nel Villalta adulto. Mandato a prendere «la misura dei salami» dai vicini, costretto a trascinare tra campi e poderi un peso enorme, inaffrontabile per un bimbo, fino ad accorgersi, a impresa ultimata, della burla. Il mondo degli adulti, lontano, impenetrabile al mondo dei bambini. Indifferente ai piccoli, se non a bisogni primari (fame, sete, sonno). Incapace di ascolto, di attenzione, di accoglienza. Il tema ritorna, è una lama conficcata nella carne dello scrittore. Quella violenza in mezzo a cui i bambini in quegli anni erano costretti a barcamenarsi e sopravvivere, mentre gli adulti non vedevano (o non volevano vedere), sviscerata in Bestia da latte, torna a popolare incubi e sogni. Inquinando il ricordo, modificandolo, rendendolo fiamma che arde. Come quell’olmo, che appare ghermito da lingue di fuoco. Ma la realtà si rivelerà un’altra.
Anche il confronto con i parenti e con il cugino violento e vessatore narrato in Bestia da latte, porta a galla nuove verità, punti di vista diversi, sensi di colpa, ripensamenti. L’olmo grande, che non c’è più, innesca un viaggio a ritroso, nella memoria e nell’anima, alla ricerca di un senso di gravità perduto. Il libro di Villalta, poeta, scrittore e direttore artistico di Pordenonelegge inaugura la nuova collana Aboca «Il bosco degli scrittori», che mette la natura e il paesaggio al centro.