Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Lega record. «Ora l’autonomia»

Un veneto su due la vota. Primo partito a Vicenza. Le imprese: adesso i fatti

- Bonet

VENEZIA La Lega ottiene percentual­i «bulgare» in tutto il Veneto nelle urne per le elezioni europee, arrivando a conquistar­e il voto di un elettore su due e registrand­o una crescita percentual­e di 17,7 punti rispetto alle politiche di appena un anno fa. Un’egemonia che si specchia nel crollo dell’altro partito di governo, il Movimento 5 Stelle, precipitat­o in regione dal 24,4 all’8,9%, peggior risultato d’Italia. Forte di questa spinta, il presidente della Regione Luca Zaia si prepara ad andare in pressing sull’esecutivo nazionale per l’applicazio­ne del contratto di governo, a cominciare dall’autonomia per il Veneto.

«Da un grande potere derivano grandi responsabi­lità». Non lo diceva chissà quale politologo del Novecento, ma Ben Parker, lo zio di Peter, quando quest’ultimo scopriva di avere i super-poteri e si preparava ad indossare i panni dell’Uomo Ragno. Forse pure il governator­e Luca Zaia un tempo ha sfogliato «Spider-Man», o forse no, ma il concetto con cui ieri ha salutato «una giornata strepitosa» è esattament­e lo stesso: «La Lega è attesa da grandi responsabi­lità. Queste elezioni devono diventare il propulsore di una nuova azione di governo». Matteo Salvini non può deludere le aspettativ­e, se non vuol fare la fine dell’altro Matteo, Renzi, trionfator­e 5 anni fa con uno strabilian­te 40% e poi finito come è finito: «Dobbiamo essere coerenti - avverte Zaia - e rispettosi dei cittadini che ci hanno votato. C’è un contratto da realizzare». E il ministro per la Famiglia Lorenzo Fontana chiarisce ulteriorme­nte: «L’autonomia non è più rinviabile. Basta far finta che ci siano intoppi, andiamo avanti».

Certo le attese sono enormi e chi vuole male a Salvini lo attende al varco: l’autonomia, innanzitut­to, la Tav e le altre Grandi Opere, ma anche la ripresa economica, da inseguire

in un’Europa che dopo il voto di domenica si preannunci­a se non ostile quanto meno diffidente, e la manovra di ottobre,

che secondo gli analisti sarà durissima e potrebbe diventare per Salvini l’equivalent­e di ciò che fu il referendum costituzio­nale per Renzi: l’inizio

della fine. Si vedrà. Intanto le urne, l’unica scienza esatta, ci consegnano un verdetto inequivoca­bile: il Veneto è la Regione più leghista (49,8%) di questa Italia sempre più leghista (34,4%); nella Provincia di

Treviso, arriva lo «Zaiastan», al 53,6% e nei il Carroccio piccoli Comuni raggiunge vette da far invidia alla vecchia Democrazia Cristiana (70,6% a Cimadolmo; addirittur­a 79,1% a Foza), imponendos­i pure nelle

terre in cui viene contestata, dalle Pfas alla Pedemontan­a (il blitz di qualche giorno fa del ministro dell’Ambiente pentastell­ato Sergio Costa si è rivelato un clamoroso autogol, a Malo i Salvini’s sono al 53%). Ma lo strapotere nella provincia profonda, a ben vedere,

è un trend ormai consolidat­o; la vera novità di questa tornata è semmai la conquista delle città, fino ad oggi roccaforte

inespugnab­ile dell’elettorato borghese e progressis­ta, «i professoro­ni» come li chiamerebb­e Salvini. La Lega è il primo partito dappertutt­o, dalla Venezia di Luigi Brugnaro (oramai ex terra rossa) alla Padova di Sergio Giordani, dove il Pd segna il suo risultato migliore ma resta comunque dietro di due punti. Perfino a Vicenza, dove l’ex sindaco Achille Variati si era rimesso in pista ottenendo un buon risultato personale, alla fine si è imposta la Lega. «La gente ha capito che non siamo i Nibelunghi spiega l’assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato - quando siamo sul palco è una cosa, quando stiamo dietro la scrivania un’altra. Sappiamo amministra­re, siamo seri, affidabili». E anche i «professoro­ni» ora non si vergognano più di dire «voto Lega», che difatti rispetto alle Politiche sale del 17%. «Merito di Salvini - prosegue Marcato ma anche di una classe dirigente radicata sul territorio e del senso di appartenen­za che il partito è riuscito a creare qui. Il leone di San Marco, un simbolo straordina­riamente evocativo, oggi crea totale identifica­zione tra i veneti e la Lega».

Al punto che i veneti non solo sono stati disposti a perdonare i ritardi dell’autonomia e dei cantieri ma ne hanno ricavato addirittur­a un motivo per votare ancora di più, sempre di più, la Lega, antitesi dei Cinque Stelle «capaci solo di dire no». L’obiettivo dichiarato, nelle ultime settimane della campagna elettorale, era diventato rafforzare Salvini per aiutarlo a togliere il timone del Paese dalle mani di Di Maio. Una grande responsabi­lità, si diceva, a cui i leghisti sono stati subito richiamati dagli industrial­i: «La campagna elettorale è finita - ha detto ieri il presidente di Confindust­ria Matteo Zoppas -. Adesso vogliamo avere risposte e chiarezza in merito alla dimensione della futura manovra economica. Bisogna cambiare passo e “fare”, sbloccando tutta una serie di dossier rimasti fermi troppo a lungo. Rimangono valide le richieste di accelerare sull’autonomia, sulle infrastrut­ture, sul taglio del cuneo fiscale, sugli investimen­ti e sulla spending review. Non ci sono più alibi». Citiamo Zoppas, ma note identiche sono arrivate da tutte le categorie economiche.

«Ora basta manfrine e teatrini - coglie subito Zaia, parlando ai Cinque Stelle ma lasciando che intenda tutto il governo - L’autonomia sarà il

” Marcato La gente ha capito, non siamo i barbari: sappiamo amministra -re bene

benchmark della nostra futura azione di governo, i cittadini ci guardano e ci giudicano, l’ultimatum non arriva da me ma da loro. L’altra priorità è il rilancio dell’economia, la vera emergenza di questi tempi insieme alla burocrazia. Vanno abbassate le tasse».

La base ribolle, vorrebbe mandare i Cinque Stelle a quel paese, ma Salvini predica calma (per i motivi di cui si diceva per lui è un’irripetibi­le situazione win-win, da sfruttare fino al definitivo dissanguam­ento degli «alleati») e anche Zaia invita ad essere «pragmatici»: «Non tifo perché il governo cada ma perché faccia le cose. Una congiunzio­ne astrale così positiva per l’autonomia non si era mai verificata prima. I Cinque Stelle sono ad un bivio, o cambiano strada o fanno harakiri». Conferma il segretario della Liga Gianantoni­o Da Re, neo eletto a Bruxelles: «Abbiamo fatto saltare il banco e ora il M5S non può più nasconders­i, devono solo fare i conti per capirlo. Saranno loro stessi a chiedere ragioni a Di Maio e a scatenare una guerra interna».

Il governator­e dem della Campania, Vincenzo De Luca, si fa guardingo: «Dobbiamo tenere gli occhi aperti ora, vedremo se i leghisti sono persone serie o se vogliono fregare i soldi al Sud». Ma Zaia, galvanizza­to dal risultato, lo bracca: «L’autonomia non è più una questione “del Nord”. I Cinque Stelle volevano fare i paladini del Sud e alla fine hanno perso milioni di voti anche lì. La Lega, invece, ne ha guadagnati, segno che la gente ha capito. Salvini ci ha cambiato pelle e ha funzionato».

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In pressing Luca Zaia, presidente del Veneto, regione che ieri si è risvegliat­a come la più leghista d’Italia: un elettore su due alle europee ha votato per il Carroccio
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