Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Lillian e le altre mamme-profughe Così una coop salva i loro bambini
«Pari Passo» ospita cinque ragazze nigeriane e i rispettivi figli, tutti nati in Italia Grazie ai volontari, imparano l’italiano, cercano un lavoro e crescono i piccoli
VICENZA Una madre invisibile. Sola, in un Paese straniero, senza conoscere l’italiano, senza documenti e con un bimbo piccolissimo il cui padre è scomparso appena ha saputo della gravidanza. Una realtà nascosta tra le pieghe della società: anche a Vicenza ci sono donne arrivate in Italia dopo la traversata del Mediterraneo e diventate madri nell’ospedale cittadino ma escluse per vari motivi dal programma di protezione dei richiedenti asilo.
«Volevamo dare un senso speciale a quel che facciamo, così abbiamo deciso di aiutare gli “ultimi fra gli ultimi”». Francesco Zordan, ex volontario della Caritas, racconta così l’attività della cooperativa sociale che presiede. Si chiama Pari Passo, è nata un paio d’anni fa ed è specializzata nell’assistere madri sole che chiedono asilo.
Oggi, in due strutture, sono ospitate cinque ragazze nigeriane fra i 22 e i 25 anni, sbarcate tre o quattro anni fa dopo aver attraversato il Mediterraneo, arrivate in qualche modo a Vicenza e qui accolte da connazionali, in qualche caso costrette a prostituirsi. Qui sono rimaste incinta e poi lasciate sole: tutte hanno un figlio fra i sei mesi e l’anno e mezzo.
«Le donne che accogliamo nelle strutture sono inserite nel programma di protezione – riprende Zordan – sia loro che i bimbi sono seguiti dal punto di vista medico e farmaceutico, con le vaccinazioni e il pediatra, inoltre a ognuna garantiamo il corso di italiano al liceo Quadri e nella nostra scuola di italiano della cooperativa. A tutte assicuriamo un tirocinio lavorativo pagato da noi». Queste, però, sono le più «fortunate». Con una squadra di nove operatori, infatti, Pari Passo segue con risorse proprie anche donne completamente fuori dal programma di protezione. «Il Centro Aiuto alla Vita ci segnala i casi di marginalità totale. Donne vicine al parto che si rendono conto che non possono più farcela da sole» spiega Zordan.
Caso emblematico è quello di Lillian (nome di fantasia), 24enne che a settembre dell’anno scorso, tramite il Cav è venuta in contatto con la cooperativa: arrivata quattro anni fa in Italia era priva di documenti, non aveva mai chiesto asilo e non sapeva una parola di italiano. Viveva ospite di una connazionale di buon cuore nel quartiere di San Pio X, ed era all’ottavo mese di gravidanza. «Le abbiamo lasciato i nostri contatti – continua Zordan - ma ci ha richiamato solo un mese dopo: aveva appena partorito con un cesareo d’urgenza. Era andata da sola, a piedi, in ospedale. Lì le era stata riscontrata una pressione altissima». Madre e figlio hanno passato alcuni giorni in terapia intensiva. Da lì, lo staff della cooperativa ha preso in carico il caso accompagnando la donna alle visite, avesse la possibilità, il tempo di reagire.
Il padre, sanguinante e preoccupato che la situazione degenerasse, ha dato l’allarme, cosciente che il figlio era fuori controllo, ingestibile. A casa sono intervenuti anche i carabinieri che, appurato l’accaduto, stanno valutando la posizione del diciannovenne. Per lui potrebbe infatti scattare d’ufficio una denuncia per lesioni aggravate dall’uso del coltello, considerata un’arma. presentando la richiesta di asilo in prefettura, chiedendo l’attivazione dell’assistente sociale comunale, provvedendo alla registrazione all’anagrafe del bimbo. «È stato complicato perché lei non aveva alcun documento, ha rischiato di non poter riconoscere il bimbo e persino che le fosse addebitato il parto» spiega Zordan.
La storia di Lillian è a lieto fine: la ragazza è entrata nel programma di protezione e anche il neonato viene seguito con terapie specifiche in ospedale. Ma non è certo l’unica. Negli stessi mesi, lo staff di Pari Passo ha seguito (e continua a seguire) la gravidanza di un’altra madre senza documenti che vive da connazionali in città. «Viene accompagnata alle visite e frequenta la scuola di italiano, ma non è detto riuscirà ad entrare nel programma di protezione perché la sua richiesta, prima della gravidanza, era già stata respinta».
In un terzo caso, analogo, una ex prostituta con il suo neonato è stata accolta da una realtà di Bassano. «Seguire anche questi casi è nei nostri obiettivi – conclude Zordan – in questi mesi stiamo cercando qualcuno che ci doni un’auto da usare per accompagnare le mamme alle visite. Speriamo nel buon cuore dei vicentini».