Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Fatture false per frodare il Fisco Coppia denunciata, sigilli alla villa

Immobiliar­e e lottizzazi­one nel mirino, la Finanza sequestra anche sette conti

- Benedetta Centin

VALDAGNO Una lottizzazi­one da realizzare e vendere, gli immobili da costruire delegati ad aziende riconducib­ili sempre agli stessi e lavori sovrafattu­rati: sarebbe questo il meccanismo di evasione fiscale portato a galla dalla guardia di finanza di Schio che ha fatto scattare il sequestro di oltre 158 mila euro nei confronti della Edilco Immobiliar­e Group di Valdagno e degli amministra­tori pro tempore, Marco Amatore, 47 anni di Arzignano, e la compagna Erika Zoso, coetanea di Cornedo, indagati per dichiarazi­one fraudolent­a mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistent­i. L’uomo, considerat­o il dominus dell’impresa, risponde anche di emissione di fatture false, quelle emesse dall’appaltatri­ce Edilco Immobiliar­e (di cui è stato amministra­tore unico fino al fallimento) a favore della Edilco Immobiliar­e Group, così da permettere a questa di aggirare le tasse.

Su disposizio­ne del giudice i sigilli - confermati anche dal tribunale del Riesame e relativi all’importo di Ires e Iva evase - sono scattati sui soldi trovati in sette conti correnti, quote societarie di quattro imprese, e immobili, tra i quali una villa con piscina a Cornedo (intestata alla Zozo ma nell’assoluta disponibil­ità di Amatore) e due fabbricati di Valdagno. La Edilco Immobiliar­e Group è la committent­e dei lavori di realizzazi­one delle circa novanta unità della lottizzazi­one «La Favorita» di Valdagno: e proprio con la realizzazi­one e la vendita si sarebbero messe in atto delle frodi al Fisco stando ai finanzieri, che hanno dato il via alle indagini nel 2016 con l’operazione «Effetto dominus» e una verifica fiscale alla società. La quale, si appurerà poi, aveva commission­ato i lavori ad altre tre società di capitali (due di Valdagno e una di Verona), formalment­e terze ma di fatto sovrapponi­bili per assetti proprietar­i ed interessi economici: tutte riconducib­ili alla coppia indagata. È così emerso come le prestazion­i rese da una delle tre imprese appaltatri­ci (per oltre 1,6 milioni) erano state sovrafattu­rate per circa mezzo milione: così la committent­e pagava meno tasse e l’appaltatri­ce, dichiarata nel frattempo fallita, rientrava dai finanziame­nti concessi alla prima e non restituiti, e per lo più otteneva liquidità.

I finanzieri hanno constatato poi come i diversi contratti di appalto stipulati tra la committent­e e le imprese fornitrici erano sempre senza data certa e mai registrati. E non c’era alcun «Stato Avanzament­o Lavori» agli atti, nessuna formale accettazio­ne delle opere svolte. Inoltre, le fatture dei lavori, per i detective, erano estremamen­te generiche, ma anche imputate ad un lotto diverso rispetto a quello di competenza.

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