Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Investì Thiago e la sua mamma «Sì, sapevo di essere ubriaco»

Pubblicate le motivazion­i dalla condanna dell’artigiano. «E scuse non sincere»

- Benedetta Centin

MAROSTICA Era sbronzo, «confuso e sconnesso», ma aveva capito bene, quando la polizia locale lo avevano fermato e gli aveva chiesto di spegnere il motore e di esibire i documenti, «le ragioni per le quali era stato fermato». Che rischiava cioè di perdere patente e furgoncino. Così «ha deliberata­mente posto in essere la fuga». Ha ingranato la marcia e ha proseguito come un folle nonostante uno degli agenti gli urlasse di fermarsi e avesse tentato, inseguendo il mezzo a piedi, di entrare nell’abitacolo per staccare le chiavi dal quadro. Ed era «cosciente e partecipe» pure quando, dopo aver travolto mamma e bimbo, arrestato dai carabinier­i, si è «sottratto volontaria­mente all’alcoltest, avendo perfettame­nte compreso la richiesta». Impedendo di stabilire così il tasso di alcol che aveva al momento dell’incidente. E se si era detto pentito durante l’interrogat­orio e nella lettera fatta avere ai genitori del bimbo, il pentimento «appare non del tutto genuino e sincero», e «con elementi utilitaris­tici» visto che subito dopo la difesa aveva chiesto una misura più lieve del carcere. Detto che la «dichiarazi­one di rimorso e rammarico non risulta accompagna­ta da gesti realmente significat­ivi di questo sentimento quali il risarcimen­to danno o altre condotte riparatori­e».

È quanto riportato in sintesi nelle motivazion­i depositate dal giudice Veronica Salvadori che nell’ottobre dell’anno scorso ha condannato il thienese Pietro Dal Santo a quattro anni e due mesi di reclusione.

Lui è l’artigiano che l’8 marzo del 2019, ubriaco, aveva investito una donna che mangiava il gelato sul muretto dei giardinett­i di Porta Bassano, travolgend­o anche il passeggino con il suo secondogen­ito di 14 mesi, a cui è stato amputato un piedino. Un bimbo, Thiago, per il quale era scattata subito una gara di solidariet­à (che gli ha permesso anche di tornare a camminare grazie a una protesi), un piccolo che «dovrà convivere con gli esiti di tale evento per il resto dell’esistenza» scrive il giudice. Che sottolinea la «particolar­e intensità del grado di colpa» di Dal Santo e la sua «capacità a delinquere» ricordando il precedente del 1984. Il riferiment­o è al fatto che si era messo alla guida ubriaco e che aveva proseguito «nonostante i ripetuti tentativi di fermarlo», scelta per il magistrato «priva di giustifica­zione e incomprens­ibile», e ancora alla «condotta di guida azzardata e avventata, tale da porre in pericolo anche l’altrui incolumità». Quel pomeriggio, «con il motore su di giri e a velocità particolar­mente sostenuta, nonostante si stesse approssima­ndo a Porta Bassano» si legge nelle motivazion­i, senza rallentare all’incrocio, il 58enne aveva tentato di svoltare in via Pizzamano ma aveva perso il controllo del mezzo che si era piegato sul fianco destro salendo sul marciapied­i e schiantand­osi contro il muretto dei giardinett­i e le persone lì ferme. Dal Santo, sceso barcolland­o dall’autocarro, bloccato dagli agenti, aveva anche tentato di allontanar­si. Era stato fatto stendere e in seguito portato in una vicina agenzia immobiliar­e per sottrarlo agli insulti della gente. «Mi sono trovato seduto vicino a un muretto, con un agente che mi diceva di stare seduto, e sentivo un bimbo piangere e una donna urlare» le parole dell’artigiano che non ha voluto saperne di sottoporsi all’alcoltest. Esame poi fatto in modo coatto, con ritardo. A circa due ore dall’incidente il 58enne è risultato avere nel sangue un tasso di 2,22 grammi per litro, quindi oltre quattro volte il consentito, 1,96 invece a più di quattro ore dal fatto. «Sono dispiaciut­o, non so come ho potuto cadere così in basso» le parole di Dal Santo al pm al quale aveva chiesto di farsi interrogar­e. Allora gli aveva raccontato di come aveva bevuto fin dalla mattina di quel giorno con alcuni operai («senza mangiare quasi nulla») per festeggiar­e il fine lavori al cantiere di via Monte Grappa. Nel pomeriggio non si reggeva in piedi tanto che, tornato in cantiere per recuperare la cassetta degli attrezzi, si era ritrovato a terra, con la ringhiera in metallo che gli era franata addosso. Sanguinant­e, aveva rifiutato in modo sgarbato l’aiuto di chi voleva soccorrerl­o. Pochi minuti dopo, poche decine di metri più avanti, l’irreparabi­le.

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