Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Pedemontana, c’è un nuovo esposto
Follesa: «Operaio morto, i tecnici della Regione erano nella galleria un’ora prima»
MALO «Fino a un’ora prima del crollo che uccise Sebastiano La Ganga nel tunnel della Pedemontana tra Malo e Castelgomberto, proprio all’interno della galleria in costruzione, ci fu un’ispezione di due professionisti incaricati dall’allora commissario e cioè un ingegnere consulente esterno e un geometra dipendente della Regione. La procura indaghi». Così Massimo Follesa, del Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa, annuncia un nuovo esposto.
MALO «Fino a un’ora prima del crollo che uccise Sebastiano La Ganga nel tunnel della Pedemontana Veneta tra Malo e Castelgomberto, proprio all’interno della galleria in costruzione, ci fu un’ispezione di due professionisti incaricati dall’allora commissario e cioè un ingegnere consulente esterno e un geometra dipendente della Regione e applicato alla struttura commissariale del Governo. È come se gli ispettori del ministero fossero stati sul ponte Morandi a Genova mezz’ora prima del collasso». È questo il fatto, definito «clamoroso e agghiacciante» reso pubblico ieri dall’architetto Massimo Follesa, portavoce del Coordinamento Veneto Pedemontana Alternativa, in una conferenza stampa che si è tenuta a Vallugana di Malo, lì dove il cantiere per la costruzione della Pedemontana ha sconvolto la quotidianità di tante famiglie. Per ora i nomi dei due tecnici non sono stati rivelati ma Follesa si riserva di renderli noti «non appena depositeremo un esposto in procura per le eventuali omissioni di controllo e verifica: riteniamo che la magistratura debba intervenire all’istante, altrimenti trarremmo le nostre conseguenze». I fatti sarebbero nero su bianco, con tanto di foto, nella documentazione agli atti della Regione «e che per altro dovrebbe essere già in possesso degli organi inquirenti» continua Follesa che si chiede «cosa diamine abbiano controllato i due ispettori incaricati dal commissario» quel pomeriggio del 19 aprile 2016 se di lì a poco l’operaio messinese La Ganga è rimasto travolto da un masso di 32 tonnellate staccatosi dalla volta della galleria in cui stava lavorando. Il portavoce del comitato intende sapere se la magistratura «si sia accorta di questa mostruosa circostanza che grida vendetta al cospetto del Signore; questi due signori - ne è convinto - avrebbero potuto evitare la morte di un uomo». Magistratura che, nella persona del pm Angelo Parisi, ha da pochi giorni chiuso le indagini preliminari su quel maledetto infortunio che ha «congelato» il tratto di cantiere di San Tomio per tre anni. A rischiare il processo per omicidio colposo sono dodici persone (non più dieci quindi) e due aziende che rispondono di illeciti amministrativi riguardo sempre le condotte contestate a responsabili del cantiere, vari operatori e amministratori. Condotte commesse - è l’accusa «nell’interesse della società o comunque a un suo oggettivo vantaggio quantomeno in relazione alla riduzione dei tempi e dei costi e comunque nel risparmio degli stessi». Insomma, risparmio sì, ma in barba alla sicurezza. Le due aziende in questione sono il Consorzio Stabile Sis di Torino che sta realizzando l’opera, e la società (inserita nel Consorzio) Inc Spa di Torino, che aveva alle proprie dipendenze il 54enne che lavorava in una parte della calotta «non ancora bullonata», senza i bulloni di ancoraggio previsti però nel progetto, come evidenziato anche dalla perizia del professor Genevois e citata ieri anche da Follesa. Per la procura si è «disposto l’avanzamento dello scavo in difformità del progetto» che prevedeva «una chiodatura completa su tutta la sezione con chiodi e bulloni di sei metri». E ancora si è scavato «per sfondi continui di roccia, riducendo tempistiche e spese», in spregio alla sicurezza.