Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Legge 104 per 40 mila veneti I limiti e gli abusi
I sindacati: popolazione sempre più anziana, famiglie in difficoltà
In quattro anni è aumentato del 40% il numero dei veneti che ricorre alla Legge 104, che consente di lasciare il lavoro tre giorni al mese per accudire un parente. «Le famiglie sono in crisi» dice il sindacato mentre Confindustria chiede più controlli. Ecco cosa prevede la Cassazione.
VENEZIA Il diritto, l’abuso del diritto, la truffa: li separa un confine sottile che quando ci si muove nei meandri della Legge non viene tracciato dalla norma ma dalla sua interpretazione. Così che il dubbio rimane: ciò che sto facendo è legittimo? Potrei essere punito per questo? Licenziato?
Sono domande ricorrenti, tra quanti beneficiano della legge 104 del 1992, ormai nota ai più semplicemente come «legge 104», e da ben prima del tragico suicidio di Simone Sinigaglia, cacciato dall’Ivg Colbachini proprio perché accusato di aver approfittato della legge che consente ai lavoratori di assentarsi per tre giorni al mese, senza tagli allo stipendio, per assistere un parente disabile non autosufficiente (tre giorni sono previsti anche per i lavoratori portatori di handicap e per i genitori di bambini e ragazzi diversamente abili). La «104» è infatti al centro di numerosi casi di cronaca, da quello dei «furbetti» della Camera di commercio di Vicenza (hanno patteggiato e sono stati licenziati) a quello di Augustin Breda, storico sindacalista della Fiom che Electrolux fu costretta a reintegrare dopo una lunga battaglia giudiziaria.
I beneficiari, d’altronde, sono in costante aumento: erano 29 mila in Veneto nel 2014, tra permessi famigliari e permessi personali; sono saliti a 41 mila nel 2018, ultimo anno disponibile negli archivi dell’Inps (che fotografano solo la situazione nel privato, non nel pubblico). Un aumento del 41% in 4 anni che ha sorpreso anche la Corte dei conti, che con il procuratore regionale Paolo Evangelista ha annunciato una stretta sui controlli: «Quello degli abusi della legge 104 è un filone di indagine che perseguiremo con sempre maggiore severità a beneficio di chi, questa norma, la utilizza in maniera corretta». L’impatto sulle casse pubbliche in effetti è notevole: secondo la Ragioneria dello Stato si tratta di circa 3,1 miliardi, di cui 1,3 miliardi nel privato e 1,8 nel pubblico.
La linea indicata dai magistrati contabili è condivisa da Paolo Righetti, segretario della Cgil Veneto con delega al welfare, che però chiede siano «le strutture preposte a controllare, evitando abusi da parte delle aziende». Queste ultime, infatti, si affidano sempre più spesso a investigatori privati per tenere sott’occhio i loro dipendenti, che - sia chiaro - nella stragrande maggioranza dei casi non sono affatto «furbetti» ma persone alle prese con complesse realtà famigliari. Righetti spiega così la crescita esponenziale del ricorso alla 104: «È una questione demografica: aumentano le patologie perché siamo sempre più anziani. Il nostro stile di vita si accompagna ad una maggior incidenza delle malattie psichiatriche e professionali. E poi c’è la crisi e il venir meno della rete dell’assistenza sul territorio: molte persone sono costrette a farsi carico dei familiari infermi perché non possono permettersi i costi di una badante o delle strutture assistenziali». Anche per Confindustria Veneto «la 104 è una legge di civiltà» ma «è chiaro che, se non vengono fatti gli opportuni controlli e si lasciano indefinite le regole, si mette in gioco la credibilità stessa della legge». In caso di abuso, «le imprese subiscono un palese danno all’organizzazione interna che si ripercuote sul lavoro di tutti i dipendenti. Chi ne approfitta commette una doppia violazione: contro l’azienda, ma soprattutto contro chi ne ha realmente necessità».
E dunque torniamo alla domanda iniziale: quando il diritto sconfina nell’abuso? È stata la Cassazione a tracciare la rotta: i permessi ex 104 non sono «ferie» e in quanto tali non possono essere utilizzati per soddisfare esigenze ed interessi esclusivamente personali (quindi niente viaggi e niente partite a tennis). Vanno utilizzati per accudire il famigliare, e a quest’ultimo va dedicata la parte prevalente della giornata lavorativa da cui si è stati dispensati (insomma, non si possono passare tre ore con la nonna e il resto della giornata con gli amici al bar). L’assistenza va però intesa in senso ampio, come lo svolgimento di tutte le attività che il soggetto debole non è in grado di compiere autonomamente (fare la spesa, pagare le bollette in posta, andare in farmacia) e in tal senso la Corte ammette la «finalità mista», cioè il soddisfacimento nello stesso tempo di esigenze dell’assistito ed esigenze personali. Insomma non si è «furbetti» se facendo la spesa per l’anziana madre, si compra pure qualcosa per cena.