Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
Confindustria, si apre la partita per la presidenza Bolla e Tomat i due saggi
Due mesi per definire la nuova presidenza. E il Veneto deve ancora trovare la sintesi
VENEZIA La corsa alla presidenza di Confindustria parte con due «Saggi» su tre ben noti nel mondo confindustriale a Nordest. Andrea Tomat, patron del marchio trevigiano Lotto, ex presidente regionale degli industriali. Più lombardo-veneto che veneto Andrea Bolla, attivo a Brescia con le sue imprese, già presidente di Verona e già vice della nazionale.
VENEZIA Confindustria, la corsa alla presidenza parte con due «Saggi» su tre ben noti a Nordest. La prima sorpresa del consiglio generale degli Industriali, ieri a Roma, che ha dato il calcio d’inizio alla successione di Vincenzo Boccia, è stata il risultato dell’estrazione dei tre nomi chiamati a sorvegliare la partita. Insieme all’umbra Maria Carmela Colaiacovo, dal sorteggio sono usciti Andrea Tomat e Andrea Bolla. Tomat, 62 anni, presidente del marchio sportivo trevigiano Lotto, è volto d’esperienza del panorama confindustriale, dov’è stato presidente di Unindustria Treviso e poi di Confindustria Veneto. Più lombardo-veneto invece Bolla, 53 anni, attivo a Brescia con le sue imprese che operano nella vendita del gas naturale, già presidente di Confindustria Verona e poi a Roma nella squadra del presidente Giorgio Squinzi, alla guida del comitato tecnico per le questioni fiscali. Scelta questa frutto dello schierarsi delle territoriali venete, nel 2012 proprio sotto la presidenza regionale di Tomat, unite dietro al candidato Alberto Bombassei.
Immediato il commento del presidente di Confindustria Veneto, Enrico Carraro: «La nomina è motivo d’orgoglio, in una fase così importante e delicata. Tutti e tre sono figure che conoscono bene sia le dinamiche associative che la diretta realtà d’impresa, garantendo competenza ed esperienza». «Bolla e Tomat sono colleghi molto autorevoli, preparati, indipendenti - aggiunge il leader di Confindustria Vicenza, Luciano Vescovi -. Sono contento che abbiano dato la loro disponibilità per un ruolo così delicato. Lo svolgeranno in modo esemplare». «Bolla e Tomat hanno un forte spirito associativo e sapranno svolgere al meglio questo ruolo a garanzia di tutti gli imprenditori del sistema», ha detto poi il leader di Verona, Michele Bauli.
E di esperienza e autorevolezza ne servirà, per dirigere in maniera ordinata i due mesi della corsa (si chiuderà il 23 marzo con il voto del consiglio generale di Confindustria), che si presenta al via addirittura con cinque candidati. Che dovranno ora passare il primo sbarramento entro due settimane, quando dovranno presentare l’appoggio di almeno 19 membri del consiglio generale per formalizzare la candidatura. Il quadro vede il brillante leader di Assolombarda, Carlo Bonomi, dato in grande vantaggio: avrebbe già raccolto 40 firme. Ma le partite non vanno date per scontate. Sopratutto se, oltre alla torinese Licia Mattioli, che avrebbe con sé il leader uscente Vincenzo Boccia, dovesse avverarsi l’intesa tra il leader di Brescia Giuseppe Pasini e il triestino Andrea
Illy, che fatica a far breccia anche in Friuli Venezia Giulia, che potrebbe portarsi dietro anche il leader di Federlegno Emanuele Orsini. Il punto di forza dell’operazione sarebbe di mettere insieme due industriali con aziende di peso, capitalizzando sul punto debole di Bonomi, l’essere a capo di una piccola azienda. Con il rischio di esser poco indipendente, secondo alcuni critici, dai «grandi elettori», da Rocca a Tronchetti Provera. A cui si sarebbero accodati, secondo alcuni, due big di lungo corso e di peso come Emma Marcegaglia e Pier Luigi Abete.
E il Veneto in questo scenario? Se Verona e Vicenza paiono non aver fretta di fare una scelta, il primo elemento di cui tener conto è il favore sulla carta per Bonomi di Treviso-Padova e Venezia-Rovigo. Ma è anche vero che il leader regionale Carraro sta avviando un serio tentativo di costruire una scelta unita. A lui i leader delle territoriali hanno delegato la definizione di uno schema di lavoro. Dalla sua, la scelta regionale ha un dato di fatto: unito, il Veneto può contare su 23-24 voti sui 184 del consiglio generale, tra i 15 delle territoriali, più altri nominati legati alle scelte locali. Un primo calcolo vede 7 rappresentanti per Treviso-Padova, 5 per Vicenza, 5 per Verona, 5 per Venezia-Rovigo (6 se si conta anche Fincantieri) più Carraro. Equivalenti al 13% dei voti in consiglio generale, sufficienti per presentare una candidatura. Un peso che Confindustria non può ignorare, anche se il Veneto scegliesse il candidato perdente, come fu nel 2012. «Sono convinto che alla fine si arriverà a una scelta unitaria. Perché così avremo comunque un peso rilevante», sostiene il leader di Venezia, Vincenzo Marinese.
Il punto resta se la discussione in Veneto parta o meno da un foglio bianco, su cui scegliere il candidato. Con il nodo finale, in caso non si arrivasse ad una preferenza condivisa, se la parte minoritaria sceglierà di accodarsi e non rompere il fronte, o di schierare i voti su un candidato alternativo.