Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)
«Ha voluto sottrarsi a un grande dolore Serve più attenzione verso chi è più fragile»
PADOVA Il dramma di Simone Sinigaglia ripiomba il Veneto nell’incubo dei suicidi «sul lavoro» che nei primi anni della crisi economica pianse una scia infinita di 90 vittime, soprattutto tra gli imprenditori.
«Sono casi molto delicati, che bisogna leggere senza puntare il dito contro nessuno — spiega il professor Nicola
De Caro, docente all’Università di Padova e psicologo del lavoro —. Contestazioni, richiami, licenziamenti rientrano nella dialettica dei rapporti di lavoro, così come le bocciature fanno parte della realtà scolastica. Sono situazioni sgradevoli, certo, ma in un certo senso fisiologiche».
Cosa può renderle insostenibili?
«La perdita della speranza di avere una vita migliore che possono generare, facendo crollare l’autostima, il desiderio di una realizzazione personale, la consapevolezza di poter essere utili ai propri cari. Quando ciò accade, la persona che vive tali stati d’animo percepisce di essere finita in un tunnel del quale non vede l’uscita».
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De Caro Si è sentito in un tunnel senza uscita. Sono casi delicati, non si deve puntare il dito contro nessuno
E’ uno stato capace di annientare anche lo spirito di sopravvivenza?
«Non è proprio così. Quando una persona vive una situazione simile non è che voglia morire, ma è decisa a non soffrire più. Il suo unico pensiero è di sottrarsi al dolore, e lo fa».
Abbiamo detto che non si possono ricercare delle responsabilità.
«Purtroppo la società è fatta di persone che spesso o talora sono soggette al dolore e di altre che lo infliggono. Rientra nella fisiologia delle relazioni. La vita è fatta così. In questo caso l’azienda che ha optato per il licenziamento avrà avuto le sue ragioni, magari nemmeno riprovevoli, ma la risposta dell’interessato non è stata: mi difendo legalmente e nel frattempo mi trovo un altro lavoro, magari un domani si dimostrerà che avevo ragione e sarò risarcito. La sofferenza per lui è stata tale da non riuscire a sopportarla e ad andare avanti».
Non ci sono segnali che possano aiutare a prevenire tragedie simili?
«Sì, ci sono, ma è la società a dover cambiare, riservando