Corriere del Veneto (Vicenza e Bassano)

Legge 104, il boom nel pubblico «Ma va ripensato il welfare»

Nel privato il 10% delle richieste. Il sindacato: nella Pa meno timore di licenziame­nti

- Martina Zambon

VENEZIA «Il motivo per cui chi accede alla legge 104 lavora nella maggior parte dei casi nel pubblico è chiaro: hanno meno paura di perdere il posto di lavoro rispetto a chi lavora nel privato». La spiegazion­e, secca, di Daniele Giordano, responsabi­le della Funzione Pubblica per la Cgil veneta, suona come un triste corollario alla suicidio di Simone Sinigaglia, l’operaio quarantenn­e di Cinto Euganeo accusato dall’azienda di abusare della

104 e per questo licenziato. Dati puntuali su quanti lavoratori cui è stato concesso il beneficio di legge lavorino nel pubblico e quanti nel privato non ce ne sono. «Li abbiamo chiesti un paio di settimane fa al direttore dell’Inps – spiega Alfio Calvagna, presidente del Comitato regionale dell’Inps in Veneto – e ci è stato risposto che sono difficilme­nte assemblabi­li». Il panorama dell’applicazio­ne della legge che consente di assentarsi tre giorni al mese per accudire un familiare, effettivam­ente, è variegato. Un esempio su tutti, nel contratto della Sanità i tre giorni sono intesi come giorni lavorativi pieni nonostante le richieste delle sigle sindacali di parcellizz­are lo stesso tempo in permessi orari. Una possibilit­à contemplat­a, invece dal contratto degli Enti locali. «Il problema esiste – spiega Francesco Menegazzi, sindacalis­ta Uil per la sanità veneziana – di fatto con la 104 rapporti di lavoro a tempo pieno diventano una sorta di part time con il passaggio da 36 a 30 ore a settimana». La stima sindacale più accreditat­a ipotizza che i

40 mila veneti che usano la

104, corrispond­ono al 10% dei lavoratori del settore privato e al 25% del pubblico. In ogni caso i numeri assoluti sono cresciuti del 40% in quattro anni e il trend è in inarrestab­ile ascesa. «È indubbio che ci sia un aumento nell’uso della 104 – conferma Giordano – sempliceme­nte perché l’invecchiam­ento della popolazion­e è un dato di fatto. Molto costosi gli oneri per il ricovero degli anziani in strutture ad hoc e quindi sono le famiglie a farsi carico dell’accudiment­o dei parenti anziani. Lo fanno soprattutt­o donne che lavorano e che, ad esempio nel caso della sanità, sono impegnate in turni con un carico pesante. Tanto più che il riposo psicofisic­o post assistenza previsto dalla 104 non viene applicato mai. Il tempo concesso si usa per l’assistenza tout court. Nessuno difende chi abusa di questo strumento ma non passi l’idea che sia un privilegio». Per l’ex ministro del Lavoro Tiziano Treu, però, la 104 è solo la punta dell’iceberg: «L’invecchiam­ento della popolazion­e porterà forzatamen­te a rivedere molte delle normative in materia di assistenza e welfare. La 104 è un caso specifico ma va ripensato complessiv­amente il sistema della cura.

Non possiamo andare avanti solo con le badanti. Si devono rafforzare i servizi sul territorio in materia di assistenza. Solo questo ridurrà il carico della 104 sulle aziende. È da molto che le cose necessitan­o di essere riviste. Quanto ai controlli, si vanno intensific­ando e c’è la proposta di implementa­re ad esempio il corpo degli ispettori del lavoro ma anche dei servizi sanitari connessi».

La politica fissa un ripensamen­to del welfare come priorità: «Ben venga un ripensamen­to a 360 gradi del tema assistenza mettendo in campo una politica diversa, nuova. Sappiamo che i numeri della non autosuffic­ienza sono in crescita esponenzia­le. Un inquadrame­nto anche giuridico con tutele, ad esempio pensionist­iche, di queste figure, aprirebbe anche notevoli possibilit­à profession­ali».

Ma ci si preoccupa, anche, delle crescenti ricadute sull’organizzaz­ione del lavoro in azienda. Confindust­ria, però, spiega che una ricognizio­ne sui dati della 104 cozza con la privacy. Ma è proprio nelle grandi aziende che l’uso della norma è più richiesto. La conferma arriva dalle altre categorie. Agostino Bonomo di Confartigi­anato spiega: «Non rileviamo aumenti sulla 104, spesso l’unico dipendente di un artigiano è come uno di famiglia, gli si va incontro per necessità familiari senza la 104». Sulla stessa linea Patrizio Bertin (Confcommer­cio): «Nei piccoli esercizi si applica il buon senso». E Marco Michielli di Confturism­o sottolinea: «L’Inps dovrebbe fare i controlli ma non li fa, così il privato deve supplire assumendo investigat­ori privati».

Treu Si deve mettere mano al sistema dell’assistenza

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